Esteri

Guerra Israele – Hamas: un mese di conflitto, una strage di cui non s’intravvede la fine

07
Novembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Dopo un mese di guerra, l’esercito israeliano annuncia di avere circondato Gaza City, all’interno della Striscia di Gaza, e di avere sigillato la parte settentrionale del territorio di Hamas. Mentre bombardamenti e azioni di terra si susseguono, il bilancio delle vittime palestinesi nella Striscia supera quota 10 mila, secondo il Ministero della Sanità di Gaza: il conflitto è già divenuto il più sanguinoso mai combattuto dall’insediamento dello Stato di Israele, 75 anni or sono; e non se ne intravvede ancora la conclusione. Sul Washington Post, Ishaan Tharoor commenta che si fa strada, nei commenti degli analisti come nelle dichiarazioni di politici, una parola scomoda e terribile, “genocidio”.

La diplomazia statunitense, alla ricerca di sbocchi con una terza missione del segretario di Stato Anthony Blinken – ieri in Turchia, dopo essere stato in Israele, nei Territori e in Iraq -, pare puntare sul presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, segnato dall’età – ha 87 anni – ed anche dallo scarso credito di cui ormai gode presso gli stessi palestinesi, molti dei quali lo bollano come ‘collaborazionista’ per i rapporti che intrattiene con Israele.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ieri sera ha avuto una conversazione telefonica con il presidente Joe Biden, respinge la richiesta Usa di pause umanitarie o, meglio, subordina l’idea d’una tregua alla liberazione, da parte di Hamas, dei circa 240 ostaggi in mani palestinesi. Israele ha pure lasciato cadere gli appelli per un cessate-il-fuoco venuti da Paesi arabi come Egitto e Giordania, che fecero pace con lo Stato ebraico quarant’anni fa e che sono sempre più preoccupati.

Un nuovo blackout di internet e dei telefoni cellulari ha ieri coinciso con un’ulteriore espansione delle operazioni di terra israeliane nella Striscia, che mirano a distruggere le infrastrutture e soprattutto i tunnel di Hamas. Le agenzie umanitarie hanno perso contatto con loro collaboratori locali.

L’aviazione giordana ha paracadutato aiuti umanitari su ospedali di Gaza, mentre il flusso di viveri, medicinali e altri beni di prima necessità dal valico di Rafah continua a procedere a singhiozzo, così come l’uscita di palestinesi dalla doppia nazionalità e di qualche loro familiare. Domenica, Israele aveva concesso una tregua di quattro ore per l’evacuazione di civili, prima che le sue forze raggiungessero le coste della Striscia, che non hanno protezione sul mare.

Con l’azione diplomatica, crescono le proteste nel Mondo per la situazione a Gaza, dove bombardamenti israeliani dal cielo, da terra e dal mare continuano a colpire campi di rifugiati e ospedali affollati. Gli Stati Uniti hanno ulteriormente rafforzato il loro dispositivo navale militare nel Mediterraneo, con due portaerei e un sottomarino a propulsione nucleare.

C’è stata una telefonata a Papa Francesco del presidente iraniano Ebrahim Raisi e c’è un’apertura della Russia agli Usa, nel segno della “responsabilità” che i due Paesi devono avvertire e condividere per la stabilità internazionale. Invece, nel governo israeliano c’è chi fa discorsi poco assennati: chi parla del ricorso al nucleare a Gaza come di un’opzione – e viene cacciato – e chi prospetta un piano per l’evacuazione dei civili da Gaza – e viene tacitato -.

Anche se gruppi sostenuti dall’Iran hanno alzato il livello d’attacco alle truppe Usa di stanza in Iraq e in Siria, gli hezbollah libanesi restano sulle loro e non paiono ansiosi di entrare nel conflitto, salvo punture di spillo al confine con Israele.

Guerra Israele – Hamas: cronologia

7 ottobre: verso le 6.30 del mattino, i miliziani di Hamas lanciano un’azione terroristica contro Israele (denominata Alluvione Al-Aqsa). Alle 11.30, il premier israeliano Benjamin Netanyahu annuncia alla Nazione che il Paese è in guerra: parte l’operazione Spade di ferro.

Le vittime israeliane degli attacchi terroristici di Hamas saranno oltre 1400; i miliziani di Hamas uccisi dalle forze di sicurezza israeliane 1500. Circa 240 le persone prese in ostaggio.

9 ottobre: Israele annuncia l’assedio totale della Striscia di Gaza: vietato farvi entrare acqua, cibo, elettricità e carburante.

13 ottobre: l’esercito israeliano emette un ordine di evacuazione e ordina a 1.1 milioni di palestinesi del nord della Striscia, compresa Gaza City, di spostarsi entro 24 ore a sud del wadi Gaza.

17 ottobre: un’esplosione nell’ospedale Al-Ahli di Gaza City determina la morte di circa 500 palestinesi. Non è ancora chiara la dinamica dell’accaduto. Le notizie della strage all’ospedale innescano una serie di proteste nei Paesi arabi, in CisGiordania e ovunque nel mondo: c’è sostegno per la tutela dei diritti della popolazione palestinese.

18 ottobre: il presidente americano Joe Biden visita Israele, ma, a causa della strage all’ospedale, saltano i contatti con Abu Mazen e con altri leader arabi. Biden sollecita Netanyahu a non ripetere gli errori dell’Occidente nella lotta al terrorismo. La sua missione, preparata da Blinken con contatti in loco, è preceduta e seguita da visite in Israele da alcuni leader europei, fra cui la premier italiana Giorgia Meloni

20 ottobre: Hamas libera due ostaggi, due israelo-americane, madre e figlia, rapite il 7 ottobre. Ci sono poi state altre liberazioni di ostaggio, fra cui, due giorni dopo, quella di due anziane donne, una delle quali scambia un segno di pace con un suo sequestratore e gli dice ‘shalom’ e poi attacca, in conferenza stampa, il premier Netanyahu.

21 ottobre: i primi 20 camion contenenti aiuti umanitari entrano nella Striscia, attraverso il valico di Rafah. Nei giorni successivi, altri ne entreranno, sporadicamente. Prima del 7 ottobre, ne entravano 500 al giorno. Vertice di Pace al Cairo, sostanzialmente inutile, con molti leader, salvo quelli che contano in questa crisi.

24 ottobre: nel Consiglio di Sicurezza, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres afferma che “gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto” e che “il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”. Nasce un putiferio: Israele ne chiede le dimissioni.

25 ottobre: per il presidente turco Recep Erdogan, Hamas è un movimento armato di liberazione, non un’organizzazione terroristica. Erdogan, che guida un Paese della Nato, è il primo leader che parla di genocidio a Gaza. Interrotti o tentativi di normalizzazione delle relazioni con Israele.

27 ottobre: inizia l’offensiva di terra delle forze armate israeliane nella Striscia. Imposto nella notte il primo blackout delle comunicazioni e di internet. A Bruxelles, il Vertice europeo chiede “tregue” e lancia idea di una conferenza di pace internazionale sulla questione palestinese. E, all’Onu, l’Assemblea generale chiede con una risoluzione una tregua umanitaria: 121 voti favorevoli, 44 astenuti (tra cui l’Italia) e 14 contrari, tra cui Israele e Stati Uniti – i no sono motivati dall’assenza, nel documento, di una condanna degli atti di Hamas il 7 ottobre -.

31 ottobre e 1 novembre: l’aviazione israeliana bombarda il campo profughi di Jabaliya nel nord della Striscia: centinaia di palestinesi vengono uccisi. L’Alto Commissariato Onu per i diritti umani afferma che i raid israeliani possono costituire “crimini di guerra”.

A partire dal 1 novembre: consentita l’uscita tramite il valico di Rafah a circa 1100 palestinesi con doppia nazionalità.

3 novembre: il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, dichiara che le sue milizie sono in guerra dall’8 ottobre, ma non fa presagire l’apertura di un vero e proprio secondo fronte al confine tra Libano e Israele.

5 novembre: Blinken, di ritorno nella Regione il giorno prima, incontra Abu Mazen, che si dice pronto a una gestione della Striscia di Gaza nella fase post-bellica.

6 novembre: l’esercito israeliano dichiara completato accerchiamento di Gaza City. 

Vittime: a tutto il 6 novembre, le fonti palestinesi dichiarano 10.165 vittime nella Striscia, al 70% donne e bambini. Sommate alle vittime del 7 ottobre, il bilancio di sangue del conflitto supera i 13 mila morti, con decine di migliaia di feriti.

Cronologia curata dai praticanti della scuola di giornalismo di Urbino

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