Politica

È iniziato lo Spoil System di Giorgia Meloni

05
Gennaio 2023
Di Giampiero Cinelli

Una lettera dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, per Nicola Magrini, Direttore Generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). In cui si comunica la conclusione del suo incarico. Magrini proseguirà ai fini della gestione ordinaria fino al 23 gennaio. Solo l’inizio di quello che in gergo viene chiamato Spoil System, la prassi del cambio dei dirigenti dei ministeri e degli enti della pubblica amministrazione all’insediamento del nuovo governo. Lunedì era toccato al commissario per la ricostruzione delle aree terremotate, sostituito con Guido Castelli. Una dinamica consolidatasi in America nell’800, formalizzata in Italia tramite la Legge Bassanini, che stabilisce il termine degli incarichi dirigenziali entro novanta giorni dal voto di fiducia del governo. Un dirigente può anche essere riconfermato, tuttavia deve intendere quei tre mesi come conclusivi del contratto in essere e, molto spesso, quando l’esecutivo è di colore diverso il dirigente viene sostituito. Ora per l’Agenzia Nazionale del Farmaco potrebbe farsi largo il nome di Giorgio Palù, attuale presidente proprio di Aifa. Altri nomi sono vagliati in queste ore, come quello di Patrizia Popoli, presidente della Commissione tecnico-scientifica di Aifa.

Facile dare un’accezione negativa allo Spoil System. Ma in fondo è naturale. Un governo preferisce lavorare con i tecnici che gli sono più affini. Anche se il processo non è mai così liscio e facilmente metabolizzato. In questi giorni infatti è un profluvio di rumors, critiche, frecciatine e discussioni. Nella nostra fase storica ancora più comprensibile, siccome dai funzionari dipende la gestione di programmi e politiche in parte autonome rispetto al governo. Ci riferiamo alla sfera dell’economia e del Pnrr. E proprio lì si sta concentrando l’attenzione visto che il centrodestra sembra intenzionato a rimuovere l’attuale Direttore Generale del Tesoro Alessandro Rivera. Ferri corti anche tra governo e Ragionare generale dello Stato, Biagio Mazzotta, che non è andato a genio in occasione della finanziaria, tanto da non essere stato coinvolto nelle riunioni sulla legge di bilancio alla presidenza del Consiglio. La sua revoca è però meno probabile data l’indispensabile esperienza tecnica.

Giorgia Meloni frena sulle rappresentazioni negative dell’attuale clima. Esprimendo la sua idea di quello che è negli ultimi anni il rapporto tra politica e burocrazia, secondo lei insidioso dato che i funzionari tendono a vedere il presidente «come un passante» e progressivamente la rete di amministratori «prende il sopravvento» sui rappresentanti del parlamento. Il premier non ha infatti nascosto il desiderio di allargare la Bassanini permettendo di rimuovere anche la fascia di dirigenti subito dopo la prima linea dei circa quaranta. Arrivando ad avere il controllo su più o meno 400 professionisti.

Il governo deve andare spedito sulle nomine e concludere entro il 24 gennaio, poiché è consuetudine che il Quirinale venga informato in anticipo per fare le sue valutazioni di idoneità al ruolo. La nomina ufficiale avviene infatti con un decreto del Presidente della Repubblica, in seguito alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, sulla base della proposta del Ministro di competenza. Intanto è quasi certo che non saranno più gli stessi i capi dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli e dell’Agenzia del Demanio. Alle Entrate Ettore Maria Ruffini è in bilico ma dovrebbe rimanere. Ad animare i giornalisti politici è però l’affaire del Tesoro, in quanto il subbuglio vuole essere interpretato da molti come il tentativo di indebolire Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia. Il leghista ha esperienza di palazzo e non ha certamente bisogno di consigli, ma è consapevole di avere meno peso specifico rispetto al partito di maggioranza che esprime anche il presidente del Consiglio. Non stupirebbe se comunque alla fine l’ultima parola sarà la sua, soprattutto su Mazzotta. Dopo i dirigenti statali, in primavera sarà la volta dei dirigenti delle aziende partecipate, con in ballo 67 poltrone tra cui quelle di Eni, Enel, Poste, Leonardo. Rispetto ai due colossi energetici, la riconferma di Descalzi, in carica dal 2014, sembra favorita rispetto a quella di Starace.