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Meloni: “Da Gaza all’automotive, l’Italia chiede un’Europa che decida”
Di Ilaria Donatio
Dal Medio Oriente alla governance europea, dall’immigrazione all’industria dell’auto, fino al bilancio Ue e all’allargamento ai Balcani: è un intervento a tutto campo quello con cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha illustrato alla Camera la posizione italiana in vista del Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre.
Al centro delle comunicazioni, il ruolo internazionale dell’Italia nel dossier mediorientale. Meloni ha rivendicato il riconoscimento dell’impegno italiano per Gaza da parte di Stati Uniti, Israele e Paesi arabi, citando l’invito al summit del Consiglio di cooperazione del Golfo a Manama come “segnale politico chiaro”. Un ruolo, ha sottolineato, riconosciuto anche dalla leadership palestinese. «Pochi giorni fa ho ricevuto a Roma il presidente Abu Mazen, per la seconda volta in poco più di un mese. Ci ha chiesto con convinzione un impegno italiano forte e ambizioso nel percorso del piano di pace. E credo che l’Italia non si debba sottrarre a questo impegno».
Sul piano europeo, la premier ha usato toni critici verso quella che ha definito l’inerzia decisionale dell’Unione. «Il vero nemico dell’Europa non è un nemico immaginario, ma la nostra incapacità di decidere e l’ideologia del declino che l’Ue ha drammaticamente sposato in questi anni». Da qui l’appello a superare dogmatismi e iper-regolamentazione, reagendo a un continente che rischia la dipendenza militare dagli Stati Uniti e tecnologica dalla Cina.
Capitolo centrale quello dell’immigrazione. Meloni ha ribadito la linea del governo sul modello Albania, definendolo uno strumento destinato a funzionare «piaccia o no alla sinistra», e ha rivendicato l’azione italiana come apripista in Europa sulle soluzioni innovative: dai Paesi sicuri al nuovo regolamento rimpatri, fino alla possibilità di istituire return hubs nei Paesi terzi. In questo quadro, ha anche attaccato quella che ha definito una “magistratura politicizzata” che avrebbe bloccato l’attuazione dei centri in Albania, sostenendo che un quadro normativo europeo più solido potrà mettere al riparo iniziative nazionali strategiche.
Sempre sul fronte migratorio, la presidente del Consiglio ha rivendicato il ruolo italiano nella revisione dell’approccio alle convenzioni internazionali. L’iniziativa lanciata con la Danimarca, ha spiegato, ha raccolto il sostegno di 27 Stati membri del Consiglio d’Europa e ha avviato un percorso per un’applicazione della Cedu «più efficace e più in linea con il contesto attuale».
Sul versante economico e industriale, Meloni ha rivendicato il peso italiano nel nuovo pacchetto europeo sull’automotive. «Grazie all’Italia è stato raggiunto un accordo più equilibrato e pragmatico», ha detto, sottolineando i passi avanti sul principio di neutralità tecnologica, il superamento del “tutto elettrico” al 2035, la flessibilità per i costruttori e il sostegno ai biocarburanti. Una linea che, secondo la premier, sta guadagnando consensi anche grazie al coordinamento con la Germania.
Non sono mancate critiche alla gestione delle risorse europee. Meloni ha citato il caso della ristrutturazione di un palazzo del Consiglio Ue a Bruxelles, dal costo stimato di oltre 800 milioni di euro: «Non è questo il tipo di investimenti che consideriamo prioritari». Sul bilancio europeo, ha chiarito che l’Italia è pronta al confronto, ma non ad accettare riforme che penalizzino Pac e politiche di coesione senza garanzie chiare per agricoltori, territori e imprese.
Sul commercio internazionale, la premier ha definito “prematura” una firma imminente dell’accordo Mercosur, ribadendo che l’Italia lo sosterrà solo quando includerà tutele adeguate per il settore agricolo, con l’orizzonte temporale indicato all’inizio del 2026.
Ampio spazio anche alla politica di allargamento. «Non possiamo permetterci di rimandare ulteriormente l’adesione dei Balcani occidentali», ha detto Meloni, indicando Albania e Montenegro come Paesi con concrete possibilità di ingresso in un futuro molto prossimo. Un passaggio definito cruciale per la credibilità e l’autonomia strategica dell’Unione.
Infine, la premier ha rivendicato il mandato politico con cui si presenterà a Bruxelles: «Vado al Consiglio europeo con le spalle coperte non solo dal Parlamento, ma da ciò che l’Italia rappresenta. Il nostro Paese conta in Europa non per gentile concessione, ma per la forza del suo tessuto sociale ed economico».





