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Unicredit – Commerzbank e il ritorno della finanza

27
Settembre 2024
Di Redazione

Per tutti coloro che in maniera superficiale definiscono “sovranista” qualsiasi scelta del Governo Meloni, conviene forse dedicare attenzione a quanto sta avvenendo nel mercato finanziario, con specifico riferimento alla potenziale acquisizione della banca tedesca Commerzbank da parte della banca italiana UniCredit. Cosa è successo finora? 

Nelle ultime settimane, UniCredit ha rafforzato significativamente la sua presenza nell’azionariato di Commerzbank. Dopo aver inizialmente acquisito una quota del 9% quest’estate, di cui metà comprata direttamente dal governo tedesco, la banca italiana ha annunciato di aver portato la sua partecipazione al 21%. 

Inoltre, sta cercando l’approvazione delle autorità regolatorie per aumentare la sua quota fino al 29,9%, avvicinandosi così alla soglia che richiederebbe un’offerta pubblica di acquisto (OPA) obbligatoria.

Il CEO di UniCredit, Andrea Orcel, ha gestito l’operazione con attenzione, sottolineando che l’intenzione non è un’acquisizione ostile, ma un’iniziativa per “esplorare sinergie potenziali” tra le due banche. Commerzbank, dal canto suo, ha mantenuto una posizione di cautela.

Come nota un analista particolarmente attento come Federico Fubini, nel suo editoriale di martedì sul Corriere, “non emergono informazioni di forzature o di un’azione che non sia stata coordinata con il ministero delle Finanze di Berlino. Non solo. La stessa reazione di una parte dell’establishment tedesco è tutt’altro che ostile. Il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, si limita a dire che i regolatori «guarderanno molto da vicino» all’operazione, ma nel merito”.

Nonostante ciò, il governo tedesco ha espresso preoccupazioni, temendo una potenziale perdita di controllo su una delle sue maggiori banche, mentre il mercato finanziario ha reagito con volatilità, con entrambe le azioni delle banche sull’ottovolante nelle giornate seguenti l’annuncio.

Come nota sempre Fubini, a mettersi di traverso è direttamente il Cancelliere Olaf Scholz, “messo subito sotto pressione dai sindacati di Commerz che temono licenziamenti. Il cancelliere socialdemocratico vuole provare a tamponare l’emorragia di consensi che lo ha già profondamente indebolito. Tanto gli basta per agire all’opposto delle raccomandazioni del recente rapporto di Mario Draghi di creare un mercato unico dei capitali in Europa: lo stesso che Scholz ha appena finito di applaudire”.

E’ esattamente così. Pochi giorni prima, tutti ad applaudire Draghi nelle Cancellerie europee, ringraziandolo per il suo prezioso contributo e per la visione autenticamente europeista da lui sostenuta. Una vera “sveglia per l’Europa!”, è stata definita.

Poi, messi di fronte al fatto di una banca rappresentativa di una Nazione più ridotta in termini di influenza europea, che si permette di provare a “scalare” la grande banca di un grande Paese, ecco che scatta la classica “levata di scudi”, la denuncia dell’atto ostile che non aiuta le fruttuose relazioni tra compagni di strada. 

Va dato atto, in questo caso, della compattezza della politica tedesca, tutta concorde nel sottolineare l’ostilità dell’operazione ed i rischi ad essa connessi.

Va dato altresì atto al Governo italiano di non essersi sottratto ad un sostegno esplicito all’operazione, per bocca soprattutto del Min. Tajani, che ha esortato i tedeschi a non essere “europeisti a chiacchiere”

Al momento è incerto immaginare il destino dell’acquisizione, troppi ancora i passaggi sia finanziari che regolamentari, sommati alle discussioni politiche, per ipotizzarne la conclusione. 

Quel che è certo e che dovrebbe farci riflettere è la realtà fuori dagli slogan, la sostanza al di là della forma (quella più superficiale, perché spesso la forma è anche sostanza). 

Tutti i Governi tendono al “sovranismo”, che sia più o meno “strong” nelle proprie espressioni. Quando non lo fanno parlando esplicitamente del proprio Paese (o Nazione), utilizzano il concetto di Europa perché sanno di poterne detenere le leve giuste. 

Dubbio finale: ma a parti invertite, cosa avrebbe detto la nostra opinione pubblica? Basta guardare le proprietà delle principali banche italiane per avere la risposta. 

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