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Più complicata del previsto

20
Dicembre 2025
Di Redazione

Negli ultimi giorni la Legge di Bilancio ha assunto i contorni di un vero e proprio rompicapo politico, ben oltre quel che sembrava all’inizio. 
La manovra, partita come un testo essenziale, con un taglio del carico fiscale soprattutto per il ceto medio e pochi aumenti settoriali ben circoscritti, si è trasformata in un cantiere infinito di emendamenti, correzioni e ripensamenti.

All’origine c’era un quadro relativamente semplice: abbassamento delle tasse sul ceto medio come misura bandiera, con annessa discussione su chi possa considerarsi “ricco” o meno, qualche ritocco alla tassazione sugli affitti brevi, misure mirate per famiglie e alcune proroghe di bonus casa e lavoro. 
Poi è arrivato il maxi‑emendamento da 3,5 miliardi di euro, annunciato dal governo e fatto confluire nel testo all’inizio della scorsa settimana, con l’obiettivo di inserire nuove misure su imprese e altri capitoli, dilatando il perimetro della manovra all’ultimo minuto. 

La situazione si è fatta rapidamente più complicata del previsto. Le misure come il rifinanziamento dei crediti d’imposta per le 

Zone Economiche Speciali, la conferma dei bonus Transizione 4.0 e 5.0 e la reintroduzione dell’iperammortamento fino al 2028 avrebbero dovuto essere il cuore produttivo della manovra ma, nella pratica, si sono impigliate in valutazioni tecniche, richieste di chiarimento e continue rivisitazioni in Commissione Bilancio.

Ma il vero scoglio politico degli ultimi giorni è diventato il nodo delle pensioni e dell’età pensionabile, su cui la Lega ha praticamente minacciato di uscire dalla maggioranza. La proposta di aumentare gradualmente l’età per la pensione anticipata di qualche mese a partire dal 2027 aveva già sollevato malumori mesi fa, ma l’inserimento di specifiche modifiche nei requisiti previdenziali all’interno della stessa Legge di Bilancio ha finito per trasformare un tema tecnico in una questione di fronte politico. 
Secondo la linea “Lega 1”, quella rappresentata dal Sen. Borghi, un’estensione troppo rapida o troppo spinta dell’età pensionabile non sarebbe stata accettabile e, su questo fronte, ha fatto sapere che non avrebbe votato il maxi‑emendamento se non fossero stati introdotti correttivi significativi. Comprensibile la reazione, pazientemente furente, del Ministro dell’Economia che, incidentalmente, è anche il più longevo rappresentante della stessa Lega nelle istituzioni. Ma forse la sua dovremmo ormai chiamarla “Lega 2”. 

Il risultato delle tensioni è stato un passo indietro tattico e un seguente passo avanti forse definitivo: ieri sembrava che le parti più controverse su imprese e pensioni sarebbero state spostate fuori dal testo della Bilancio e rinviate a un Decreto legge da approvare in Consiglio dei Ministri la prossima settimana, così da superare l’impasse e mantenere coesa la maggioranza in vista del voto definitivo. 
Poi, il colpo di scena: la Premier Meloni torna dal Consiglio Europeo e decide di prendere in mano la situazione ed evitare rilievi del Quirinale sull’opportunità di un ulteriore Decreto in piena Legge di Bilancio. Torneranno quindi le misure sulle imprese tramite ennesimo maxi-emendamento, ma senza la parte sulle pensioni, accantonata. 

I quotidiani di oggi non mancano di sottolineare come queste difficoltà tecniche e politiche stiano allontanando i riflettori da altri dossier che la stessa Meloni avrebbe voluto valorizzare in questo periodo. 
La Premier, infatti, avrebbe preferito vedere l’attenzione concentrata sugli esiti del Consiglio Europeo e sulla posizione dell’Italia sugli aiuti all’Ucraina, piuttosto che sul “caos” interno alla manovra. La pressione mediatica sulle possibili dimissioni del ministro dell’Economia e le voci su richiami istituzionali del Quirinale alla gestione della Bilancio, non aiutano a dare un’immagine di compattezza. 

Quanto alle tempistiche, i lavori tendono ora a un’accelerazione forzata. L’obiettivo è ovviamente di chiudere la manovra entro fine anno, ma se prima si parlava con certezza di “entro Natale”, si profila ora all’orizzonte la necessità di qualche giorno in più. 

In sintesi, quella che doveva essere una Legge di Bilancio essenziale si è trasformata in un mosaico di ritocchi, compensazioni e mediazioni. E se questo è successo nella penultima Bilancio prima delle elezioni, figurarsi cosa potrà succedere di qui ad un anno, quando i cordoni della borsa potrebbero allargarsi ma non così a sufficienza da consentire a tutti di metterci le mani in vista delle elezioni politiche del 2027.