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Il solito provincialismo

03
Maggio 2025
Di Redazione

Questo articolo viene scritto nella capitale di una nazione europea dove non fingeremo di trovarci per ipotetiche missioni commerciali, nonché ad ancora più improbabili motivazioni politiche. 

Ci stiamo facendo i nostri beatissimi fatti e, conseguentemente, non ci manca il tempo di osservare con attenzione l’andamento del dibattito pubblico in una nazione a noi così culturalmente vicina, praticamente parente. 

Sarà perché recenti fatti di cronaca hanno catturato l’attenzione interna, ma il primo elemento di diversità rispetto all’Italia che non possiamo non notare è la minore (ma molto minore) attenzione ad ogni singolo sospiro venga emesso dalla Casa Bianca e dintorni. 

Ciò potrebbe avvenire per una serie di motivi, dei quali non pretendiamo di fornire un elenco esaustivo e nessuno necessariamente giusto o sbagliato se visto dalla prospettiva di chi è immerso nella “bolla” italiana. 

Partiamo dal presupposto che la nazione che ci ospita non ha un grandissimo peso geopolitico, sia storicamente sia per l’attuale impostazione di chi guida il Governo. Un governo debole, nato come tale ed evolutosi in maniera rocambolesca ma che, nonostante tutto, è guidato da un Presidente in carica ormai da circa 7 anni. 

Nonostante l’attivismo del suddetto Capo del Governo, recatosi di recente in Cina per tentare una strada autonoma su tariffe e dazi, il “peso specifico” della nazione da lui guidata non aumenta e viene visto dai più grandi con sostanziale indifferenza. 

D’altro canto, a leggere la geopolitica con gli occhiali di qua, sembra che l’indifferenza venga ampiamente ricambiata. 

All’ordine del giorno prevalgono sostanzialmente altre cose: i fatti di cronaca, per l’appunto; le dinamiche europee, con particolare riferimento a quanto avviene in Germania, riferimento europeo dai tempi del salvataggio del 2011-2012; le dinamiche interne, costantemente segnate dalle divergenze tra Stato centrale e Comunità autonome, frutto delle geometrie variabili delle maggioranze a volte convergenti altre divergenti. 

Ci sia consentito dire che non è affatto male, sebbene l’indifferenza di cui sopra possa essere associata ad un certo tasso di provincialismo. 

Ma se invece fosse il nostro il provincialismo? 

Al netto dei giorni del lutto e del seguente funerale di Papa Francesco, da gennaio ad oggi non si è fatto altro che registrare quotidianamente tutto quanto sia avvenuto nella e intorno alla seconda Amministrazione Trump, solamente al fine di costruirci intorno le solite barricate tra favorevoli e contrari. 

Lo diciamo in maniera ancora più esplicita. 

Orfani ormai da anni di una leadership politica particolarmente divisiva, alla Berlusconi maniera per intenderci, e al netto dei soliti tentativi di etichettare la Presidente del consiglio con parole d’ordine vecchie di decenni fa, ci sembra evidente che per molta stampa italiana il fattore Trump sia giunto come manna dal cielo per ricreare il “nemico”. 

Che le scelte di Trump abbiano un impatto globale è indubbio, a cominciare dai dazi che potrebbero colpire un’industria votata all’export come quella italiana, per proseguire con le richieste in ambito di investimenti in armamenti. 

Ma che tutto, ma proprio tutto, ciò che avviene negli Stati Uniti debba diventare il centro della nostra discussione, solo perché avere un nemico serva a coalizzare chi è immerso in distanze profondissime, o perché questo “nemico” manifesti una certa vicinanza per chi attualmente guida il governo in Italia, ci sembra, questo sì, un’enorme manifestazione di provincialismo. 

Ne siamo stupiti? No, ma da lontano le cose si vedono anche meglio.