Politica

La battaglia europea del governo e la crescita della Lega

16
Novembre 2018
Di Redazione

 

Nonostante le richieste di revisione avanzate dalla Commissione europea, in settimana il governo italiano ha confermato la propria finanziaria. Già bocciata dagli organismi comunitari e avversata dagli esecutivi di Germania, Austria e Olanda su tutti, visti gli sforamenti previsti dagli alleati penta-leghisti e stante l’ampio debito pubblico dell’Italia. Il braccio di ferro in fieri sul bilancio tricolore è naturalmente una questione che travalica il suo mero senso economico e che non riguarda soltanto il nostro paese: in ballo ci sono infatti il concetto di sovranità di uno Stato membro nell’Ue e la necessità di disinnescare quella bomba che per la moneta unica sarebbe un’eventuale insolvenza della sua terza economia, tale da gettare nel caos l’intera euro-architettura. La posizione del governo Conte è resa più complicata dalla particolare fase storica che attraversa il progetto europeo, segnata da molteplici spinte centrifughe (Brexit su tutte) che obbligano Bruxelles a mostrarsi intransigente e a far valere tutto il suo peso negoziale. In questo senso, lasciano pochi dubbi le parole pronunciate martedì di fronte all’europarlamento dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, alla guida del principale fra i paesi “creditori” di eurolandia, la quale ha affermato che “chiunque provi a risolvere i problemi creando altro debito, ignorando precedenti impegni assunti, mina la stabilità alla base dell’euro”. Oltre l’ortodossa impostazione economica tedesca, pesano sull’approccio di Berlino i fluidi equilibri politico-elettorali in Germania, che costringono Merkel a non far gravare sui propri contribuenti ed elettori l’aggiramento da parte dell’Italia dei vincoli posti dai trattati Ue. I governi di Vienna e Amsterdam, del resto, hanno già chiesto a gran voce l’apertura di una procedura d’infrazione contro Roma per debito eccessivo.

Frattanto, dopo il via libera definitivo al decreto sicurezza e immigrazione della scorsa settimana, la Lega di Matteo Salvini continua a rafforzarsi nei sondaggi. L’ultima rilevazione di Swg fotografa un partito che si attesta al 30,4% negli indici di gradimento, guadagnando l’1,3% rispetto all’ultima rilevazione e staccando l’alleato M5s al 27,4%, in caduta anche questa settimana dello 0,8% probabilmente a causa delle fortissime tensioni interne fra gruppo dirigente e “dissidenti”. L’ascesa del partito di Matteo Salvini rappresenta un fenomeno straordinario sotto tanti punti di vista. In primo luogo, perché capace di balzare dal 4,1% delle politiche del 2013 al 17,4 delle politiche del 2018 e a oltre il 30% delle attuali intenzioni di voto, il tutto operando una complessa metamorfosi che non ha pari in Europa: da partito secessionista e regionale a forza nazionalista e nazionale. Oggi la Lega è non solo il più vecchio partito italiano ma anche quello più organizzato sul territorio, con le sue sezioni, i suoi militanti e le sue regole severe sulla membership. Tratti esaltati fragorosamente dalla scarsa capacità organizzativa e relazionale del M5s. Il vero punto interrogativo riguarda il futuro, ovvero il modo in cui il leader Salvini saprà completare il superamento del Rubicone geografico e spirituale della Lega verso Sud, senza per questo rinunciare agli storici tratti identitari del partito.

 

Alberto De Sanctis