Innovazione / Politica

Intervista a Luca Carabetta: “Vogliamo un Paese innovativo? Si smetta di complicare la vita agli imprenditori digitali”

01
Agosto 2021
Di Jacopo Bernardini

Burocrazia e scarsa digitalizzazione sono tra i principali freni agli investimenti in Italia. A parole, qualunque cittadino o esponente politico si direbbe d’accordo a semplificare e innovare il Paese. Spesso però, quando si passa alla pratica le cose non sono così lineari. Ogni transizione può incontrare resistenze e ostacoli che, anziché attrarre imprenditori e innovatori, li fa scappare. 

Un caso emblematico è la travagliata storia della costituzione online semplificata per le startup innovative, introdotta nel 2016. Ne parliamo con Luca Carabetta, deputato e responsabile innovazione del Movimento 5 Stelle.

Nel 2016 viene introdotta la costituzione online semplificata per le startup innovative: quali sono stati i vantaggi di questa norma per l’ecosistema dell’innovazione?

Dal 2016 circa 3800 nuove startup, la metà di quelle che si sono costituite, hanno sfruttato questa nuova possibilità godendo di diversi vantaggi, innanzitutto in termini di risparmio. La norma, nonostante piccole difficoltà fisiologiche data la novità, ha funzionato. Per una volta siamo stati anticipatori e ispiratori anche a livello sovranazionale, visto che la Direttiva europea 2019-2020, recepita anche dall’Italia, dice che tutte le società devono potersi costituire online.

Nonostante gli effetti positivi, il Notariato ha ricorso contro questa norma e dopo 4 anni di battaglia legale il Consiglio di Stato gli ha dato ragione. Con quali conseguenze?

Delle circa 3800 startup costituite con la procedura online semplificata, ne sono rimaste in vita 3500. Ma dopo il parere del Consiglio di Stato per loro si stavano palesando profili di illegittimità. Per questo motivo ho presentato un emendamento, in occasione dei decreti Sostegni e Semplificazioni, per regolarizzare le startup che si erano costituite con la nuova modalità. La paradossale alternativa sarebbe stata quella di far passare dal notaio le startup create tramite la procedura online semplificata, duplicando i passaggi burocratici.

Un suo emendamento al Decreto Semplificazioni ha quindi regolarizzato la situazione riguardo alle startup già costituite. Ci risulta però che il suo obiettivo fosse più ambizioso, qual era la versione iniziale dell’emendamento?

Ciò che da subito si è tentato di fare, attraverso interpellanze al governo ed emendamenti, è provare a ripristinare la norma primaria cercando di superare le osservazioni del Consiglio di Stato. Al momento, in occasione dei decreti Sostegni bis e Semplificazioni, non è stato possibile, dato che la misura è stata bloccata all’ultimo chilometro da un rilievo del MEF.

Mettiamo in ordine i fatti: la Direttiva europea del 2019 dice che tutte le società si devono poter costituire online.  Arrivata in Senato, tramite un “blitz” è passato un emendamento che aggiunge una postilla decisiva, “con atto notarile”. In questo modo, l’emendamento ha vincolato tutte le società a passare dai notai, ma la Legge di delegazione europea chiede semplicemente che ci siano controlli adeguati, che ci sarebbero comunque.

Il rilievo sollevato dal MEF, decisivo per l’ultimo stop, sostiene che per l’antiriciclaggio sia indispensabile il controllo preventivo del notaio. E i notai, in effetti, dicono che il 90% delle segnalazioni antiriciclaggio provengano da loro.  In realtà, sono responsabili del 90% delle segnalazioni fatte dai professionisti, che rappresentano circa il 4% del totale.

Il nostro intento, ovviamente, non è quello di eliminare i controlli, ma solo semplificare le procedure. Per quanto riguarda la costituzione semplificata online e l’antiriciclaggio, per esempio, ci sono almeno tre livelli di controllo: la verifica con l’identità digitale per la pratica online, il vaglio della pratica da parte del Registro delle imprese e infine l’approfondito controllo della banca, dal momento in cui si versa il capitale sociale.

Ha incontrato molte resistenze di fronte alla sua proposta?

A livello politico, nella pratica, si sono dimostrati tutti a favore. Il ministro dello sviluppo economico Giorgetti all’inizio ha espresso qualche dubbio ma poi, insieme al Ministero della Giustizia e a quello dell’Innovazione, ha dato l’ok, così come la Ragioneria Generale dello Stato.

In occasione del Dl Sostegni e Semplificazioni, è passata la norma per regolarizzare le startup già costituite ma, all’ultimo minuto, sulla reintroduzione della norma è arrivato il parere contrario del MEF con le osservazioni sul tema dell’antiriciclaggio.

Io continuo a insistere e spiegare che non si sta cercando di introdurre nulla di nuovo. Anche perché la norma primaria del 2015 è ancora in vigore, essendo stato bloccato solo il decreto ministeriale. Una legge per anni in essere che non ha creato nessun tipo di problema di legalità.

Non pensa sarebbe un precedente pericoloso se l’Ordine volesse imporre la propria piattaforma in-house per tutti gli Atti pubblici telematici, come previsto dall’emendamento alla Legge di delegazione europea approvato? Non basterebbe imporre requisiti di sicurezza stringenti e lasciare libero ogni Notaio di scegliere il fornitore?

Di solito si passa da un regime di monopolio all’apertura alla concorrenza così, invece, si rischia di andare indietro. Il problema sorge ed è strettamente connesso con l’emendamento passato sulla Legge di delegazione europea, con l’inserimento dell’obbligo di passare da un notaio, che parla inoltre di “una piattaforma telematica”, al singolare, sottintendendo la piattaforma dei notai.

Abbiamo già denunciato la questione tramite interrogazioni e dibattiti parlamentari, oltre che con una lettera a Draghi. Sarebbe opportuno modificare l’emendamento introdotto dal Senato con la Legge di delegazione europea, cambiandone la formulazione. Se anche ci fosse scritto “di piattaforme” l’interpretazione cambierebbe completamente, ristabilendo il principio di concorrenza.

Photo Credits: F-Mag

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