Politica

Il referendum in Catalogna e la deriva balcanica della Spagna

07
Ottobre 2017
Di Redazione

A poche ore di distanza dalla possibile proclamazione della quinta Repubblica catalana nella storia, il rischio che anche la Spagna finisca per conoscere la sua “deriva balcanica” non sembra più soltanto un miraggio. In settimana il Re Felipe VI ha attaccato gli indipendentisti schierandosi inequivocabilmente per una soluzione dura nei confronti delle autorità di Barcellona e per il ripristino dell’ordine costituzionale.

Per tutta risposta, il presidente catalano Puigdemont annunciava che la Catalogna dichiarerà unilateralmente l’indipendenza in pochi giorni. Nel mentre si è fatta sentire anche la Commissione europea, che si è schierata apertamente con Madrid bocciando come “non legale” il voto di domenica e riconoscendo al governo Rajoy “il diritto di difendere lo stato di diritto”. Pur avendo imposto in passato al paese iberico le cure da cavallo del fiscal compact e del bailout mascherato che hanno travolto i pilastri della sua stabilità politico-costituzionale, oggi Bruxelles non pare intenzionata a proporsi come mediatrice fra le parti avendo fiutato la pericolosità politica del ruolo e soprattutto la delicatezza del momento. Potrebbero essere allora altri soggetti, interni alla Spagna e alle sue particolari dinamiche quali la Chiesa cattolica o il leader basco Urkullo, a tentare l’ultima ricucitura dei rapporti.

Frattanto, dopo il referendum di domenica, i due principali attori della crisi – Rajoy e Puigdemont – non sono in una posizione facile. Sul primo pende infatti l’accusa di aver adottato una strategia forse impeccabile dal punto di vista giuridico ma che ha portato al punto di non ritorno il processo di indurimento delle richieste catalane e ampliato la base dell’indipendentismo. Il presidente della Generalitat ha invece legato il suo destino politico al successo della scommessa indipendentista e per il momento non sembra avere i margini per effettuare un passo indietro. Di qui il richiamo alla mediazione europea.

L’inasprimento delle posizioni e la possibile dichiarazione d’indipendenza rischiano però di complicare il dialogo e indurre Madrid ad attivare l’articolo 155 della Costituzione spagnola del 1978, che conferisce al governo poteri quasi illimitati nel caso in cui una comunità autonoma attenti all’interesse nazionale. Si tratterebbe dell’epilogo peggiore per almeno dieci anni di incomprensioni fra Madrid e Barcellona, soprattutto dopo che nel 2010 la Corte costituzionale spagnola cassò il nuovo statuto regionale che puntava ad aumentare il grado di autonomia locale, con buona pace delle garanzie offerte dell’allora premier socialista José Luis Zapatero. L’impatto devastante della crisi economica e il ritorno al potere dei popolari hanno fatto il resto, convincendo buona parte dei catalani che non fosse più possibile riformare il rapporto con la Spagna e soprattutto equiparare il proprio regime fiscale autonomo a quello dei Paesi Baschi. Economia, storia e cultura: gli ingredienti che rischiano di mettere in moto il nuovo processo di balcanizzazione dell’Europa.

 

Alberto De Santis