Politica

Fine vita, primo ok della Camera. Ora lo scoglio al Senato. Il centrodestra si spacca

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Marzo 2022
Di Ettore Maria Colombo

Dove non poté il Popolo, poté il Parlamento…
Per una volta, ha ragione il leader del Movimento 5Stelle, Giuseppe Conte: «È un bel giorno questo, la politica ha alzato la testa. I parlamentari che hanno sottoscritto questo testo (sul fine vita, ndr.) alla Camera hanno affermato in un sol colpo il diritto alla dignità della persona, il diritto all’autodeterminazione dei trattamenti sanitari e hanno anche affermato la necessità di rafforzare il diritto alle cure palliative». Dove non poté il popolo sovrano, con la richiesta di referendum, quello sull’eutanasia, sottoscritto da un milione e 200 mila firme (400 mila on-line tramite Spid), ma bocciato in modo improrogabile dalla Consulta, lo scorso 16 febbraio, perché ritenuto inammissibile in quanto, diceva la motivazione, “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”, poté – incredibilmente, per una volta – il Parlamento.

Il via libera della Camera dei Deputati
Infatti, la proposta di legge sul “fine vita” (cosa ben diversa, come vedremo, dall’omicidio del consenziente, cioè dall’eutanasia) ha ricevuto il primo via libera dall’Aula della Camera con 253 voti a favore (tra cui quelli dei deputati di Forza Italia Renata Polverini, Elio Vito e Simone Baldelli), 117 contrari (tra cui i deputati di Iv Gabriele Toccafondi, Maria Teresa Baldini e Cosimo Ferri) e un astenuto su 371 presenti. Il tabellino delle presenze e dei voti li tiene un parlamentare sempre molto attento alle leggi sui diritti civili, come preciso sui numeri, Stefano Ceccanti (Pd). Le presenze al voto finale sono così suddivise: Pd 81 per cento, M5s 75, Leu 73, Fdi 56, Iv 66, Ci 50, Lega 44, Fi 41, Misto 41.

I gruppi compatti, quelli spaccati e gli assenti
I gruppi che hanno votato senza eccezioni sul suicidio assistito sono stati Pd, M5s e Leu (tutti per il sì), Fdi e Lega (tutti per il no), mentre i gruppi che, con vario orientamento di voto, si sono spaccati sono: Forza Italia (1 astenuto, 7 sì, 25 no), Italia Viva (12 sì e 7 no) e Coraggio Italia (5 sì e 5 no). E va sottolineata la lunga serie di assenze nelle fila del centrodestra che, se unito, ha più del doppio di deputati che hanno votato no.

Regge l’asse degli ex giallorossi, perde il centrodestra
Dal punto di vista politico, dunque, regge l’asse degli ex giallorossi, almeno sul fronte dei diritti civili, anche se non mancano alcune voci critiche e defezioni. Tiene, ma non in modo granitico, il fronte contrario del centrodestra che, alla luce dei numeri, abbandona presto la ‘guerriglia’ parlamentare a suon di tentati blitz con emendamenti soppressivi e scrutini segreti. E così, al termine di oltre 200 votazioni, l’Aula della Camera pronuncia il primo sì alla legge sul fine vita, che disciplina la morte volontaria medicalmente assistita.

Un voto e un risultato attesi da tempo…
Un risultato atteso da tempo, se si considera che i primi testi presentati in commissione sull’eutanasia risalgono al 2018, l’iter della legge – avviata il 13 dicembre 2021 – è stato difficoltoso e contrastato dal centrodestra, che ha presentato una mole di oltre 200 emendamenti, nonostante un testo sul tema, da parte del Parlamento, stia stato più volte sollecitato dalla Consulta proprio a partire dal 2018. Dunque, dopo diversi stop and go, sedute e sedute di ostruzionismo, rinvii e scontri all’arma bianca tra centrosinistra e centrodestra, il testo frutto di una lunga e faticosa mediazione supera il primo banco di prova e si appresta ora ad affrontare il vero scoglio, l’Aula del Senato.

Il vero scoglio sarà l’aula del Senato
Gli equilibri numerici a palazzo Madama sono infatti molto più precari ed è in quel passaggio parlamentare che i detrattori della legge puntano per affossarla o almeno, è il ragionamento, restringerne le maglie.
Perché per Lega e FdI, e per la larga maggioranza di Forza Italia, il testo approvato dalla Camera altro non è, in realtà, che una forma di eutanasia mascherata. Eppure, anche tra le fila del centrodestra c’è chi ha votato a favore (7 azzurri, tra cui i deputati Elio Vito, Renata Polverini, Stefania Prestigiacomo e 5 di Coraggio Italia) mentre un deputato di FI, Baldelli, si è astenuto.

Ma soprattutto a risaltare sono le assenze al momento della votazione: scorrendo i tabulati il 44,36% dei leghisti non ha partecipato al voto pur non essendo in missione (59 su 133 deputati), percentuale che sale al 47% tra gli azzurri (38 deputati su 80). Percentuali che rispecchiano anche l’andamento di tutte le votazioni: i voti a favore degli emendamenti presentati dal centrodestra e che puntavano a modificare il testo non sono mai andati oltre i 180-185 (il centrodestra unito può contare su almeno 270 deputati). Ma è proprio su questo ‘scarto’ di numeri che Pd, M5s e Leu puntano anche al Senato, facendo affidamento anche sulla tenuta dei renziani, che però alla Camera hanno lasciato libertà di coscienza, tanto che in 7 di loro (su un totale di 29 deputati) hanno votato contro. Insomma, tra i giallorossi non si nasconde il timore di un esito negativo e di un affossamento al Senato come avvenuto sul ddl Zan in autunno.

I commenti di propugnatori e detrattori
Esulta, ovviamente, il centrosinistra, che accoglie l’esito del voto a Montecitorio con un applauso. Tra i primi a commentare a caldo il segretario dem Enrico Letta, che parla di “fatto storico”, ma lo sguardo è, appunto, rivolto già all’altro ramo del Parlamento: «Mi auguro che il Senato faccia la sua parte il più rapidamente possibile”, spiega il leader Pd che, tuttavia, confessa di essere “meno preoccupato rispetto al ddl Zan, perché siamo riusciti a creare uno schieramento più largo». La capogruppo dem al Senato, Simona Malpezzi, assicura: «Al Senato faremo la nostra parte per dare al Paese questa legge di civiltà».
Il presidente della Camera, Roberto Fico, si espone e, salutando come “un passo fondamentale” il primo ok al provvedimento, sottolinea come il Parlamento debba «assumersi le proprie responsabilità affrontando anche i temi etici e dando risposte ai cittadini».

Soddisfatto Giuseppe Conte che, appunto, dice: «compiamo un fondamentale e deciso passo in avanti» e rivendica il ruolo del Movimento 5 stelle, pronto a «rispondere a un appello morale che impone alla politica di prestare ascolto alle istanze dei cittadini, senza nascondersi». Per il ministro pentastellato Federico D’Incà «il Parlamento si rimette in sintonia con il Paese». E il presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia sprona i colleghi del Senato a «stupire gli italiani con una rapida approvazione. Da troppo tempo in quel ramo del Parlamento svaniscono nel nulla conquiste di civiltà. Continueremo a combattere questa battaglia con determinazione», garantisce.
«Oggi la Camera colma un vuoto normativo con un compromesso al rialzo, che speriamo il Senato non modifichi o peggio fermi», afferma anche il capogruppo di Leu Federico Fornaro.

Guarda a palazzo Madama anche la sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, l’azzurra Debora Bergamini: «Spetta ora al Senato completare l’iter legislativo. Al di là delle importanti opinioni e valutazioni personali di ciascuno, è un bene che il Paese si doti di una norma che risponda alle esigenze dei cittadini».

Punta sul Senato anche il forzista Pierantonio Zanettin, ma per modificare il testo, soprattutto nella parte relativa alle cure palliative e terapia del dolore. E, comunque, il giudizio è tranchant: la legge «si colloca in una deriva culturale ben descritta dalla serie Squid Game: l’idea che la vita non vale la pena di essere vissuta quando essa diventa difficile, complicata, portatrice di sofferenza anche solo sotto il profilo economico o esistenziale», afferma in Aula, parlando – addirittura – di «deriva eutanasica».

Soddisfatto, invece, Nicola Provenza, deputato del MoVimento 5 stelle e relatore della legge insieme ad Alfredo Bazoli del Pd (cattolico democratico che molto si è speso per una corretta ed equilibrata mediazione sul testo): «L’approvazione in prima lettura è una bella notizia per il Paese, perché il Parlamento finalmente si occupa dei più fragili, di coloro che, afflitti da patologie a prognosi infausta e tormentati da dolore insostenibile, chiedono di poter porre fine alle proprie sofferenze con dignità e assistiti dal Servizio sanitario nazionale. È un giorno storico che ci sprona a continuare a lavorare per un’Italia con più diritti. E auspico che l’importante lavoro svolto alla Camera trovi continuità al Senato», ha concluso Provenza.

La bagarre in Aula scatenata da Trizzino
Il voto finale in Aula è stato preceduto da una bagarre scoppiata in Aula per le parole del deputato del Misto (ex M5s ed ex relatore del provvedimento) Giorgio Trizzino che, intervenendo in dichiarazione di voto, ha concluso: «Il mio augurio a chi non voterà la legge è che non debba mai pentirsene». Subito è scattata la forte protesta dei gruppi contrari al provvedimento: dai banchi del centrodestra si sono alzate urla e fischi. Il presidente di turno, Fabio Rampelli, ha richiamato tutti all’ordine, difendendo «il diritto non solo di libertà di pensiero ma anche di parola». Ma la polemica non si è placata facilmente e alla fine Trizzino è intervenuto ancora per scusarsi: «Non volevo offendere nessuno», ha detto, anche se la frittata, ormai, l’aveva fatta, esacerbando gli animi.

I punti fondamentali della nuova legge
Tra le novità più importanti del testo ci sono l’introduzione dell’obiezione di coscienza per medici e personale sanitario e specifiche più stringenti delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito. Ma vediamolo nel dettaglio.

Il disegno di legge sul fine vita. Il testo rende non più punibile il fine vita se praticato autonomamente dal paziente. Si tratta del suicidio medicalmente assistito, pratica differente dall’eutanasia dove a praticarlo invece sono i medici. Il testo recepisce la sentenza del 2019 della Corte costituzionale che ha chiesto al Parlamento di colmare il vuoto normativo, dopo essersi pronunciata sul caso di Marco Cappato, processato e poi assolto per avere aiutato dj Fabo a morire. La sentenza aveva stabilito che non può essere punito chi agevola il suicidio di un malato terminale a patto che sussistano una serie di condizioni. Quattro pilastri ben definiti tra cui l’irreversibilità della malattia, che questa sia fonte di gravi sofferenze, psichiche o fisiche, intollerabili, la piena coscienza del paziente e la sua dichiarata volontà di porre termine a tale condizione, il fatto che il malato sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno.

Otto articoli
In otto articoli la legge sana il ritardo e l’incapacità della politica italiana di affrontare la questione sul fine vita. Le vicende di Piergiorgio Welby, Eluana Englaro, oltre che di Dj Fabo, e infine la scelta di Mario, il malato tetraplegico marchigiano che, l’anno scorso, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di porre fine alla sofferenza, è finalmente approdato in Parlamento.

Chi può farne richiesta
Sono posti, però, una serie di paletti. Dai relatori, il dem Alfredo Bazoli e il grillino Nicola Provenza sono state accolte anche alcune richieste della destra, nella speranza di una condivisione che evitasse alla legge sul fine vita, il naufragio del ddl Zan contro l’omofobia. Può chiedere il suicidio assistito il paziente maggiorenne, in grado di intendere di volere, che sia stato già coinvolto in un percorso di cure palliative e le abbia rifiutate. Deve essere affetto da una patologia irreversibile e da prognosi infausta, che cagioni sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili. Inoltre – uno dei punti che peraltro i radicali contestano – il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente. Sempre per venire incontro alle obiezioni del centrodestra (e anche della Cei) è stata data la possibilità di obiezione di coscienza per i sanitari ed è stato previsto che le sofferenze del paziente siano “fisiche e psichiche” e non “fisiche o psichiche”; e ancora, il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale.

La richiesta
Deve essere indirizzata dal medico di medicina generale o dal medico che ha in cura il paziente. Spetterà poi al comitato di valutazione clinica dare il via libera. 

Obiezione di coscienza
I medici e in genere il personale sanitario possono sollevare l’obiezione di coscienza. Però gli ospedali pubblici sono tenuti in ogni caso ad assicurare che sia possibile esercitare il diritto al suicidio assistito. Spetta alle Regioni il controllo.

Non c’è reato per il medico
Espressamente riconosciuta l’esclusione della punibilità per i medici e il personale sanitario. Quindi gli articoli del codice penale 580 (Istigazione o aiuto al suicidio) e 593 (omissione di soccorso) non si applicano ai sanitari chiamati al suicidio assistito.

Sanatoria retroattiva per i condannati
Non è punibile chi sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima dell’entrata in vigore della legge.

La differenza del fine vita con l’eutanasia. 
Non si parla qui dell’articolo 579 del codice penale che riguarda l’omicidio del consenziente, l’eutanasia, su cui sono state raccolte un milione e 200 firme mila di referendum abrogativo bocciato dalla Consulta.

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