Politica

Il caso Donzelli diventa un grattacapo per la maggioranza e ricompatta le opposizioni

01
Febbraio 2023
Di Simone Zivillica

«Sulle parole dell’onorevole Giovanni Donzelli non posso pronunciarmi, è stato aperto un fascicolo dalla Procura di Roma». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio nell’informativa alla Camera sul caso Cospito, che lo ha visto impegnato anche nella risposta dovuta in merito all’intervento in aula del coordinatore di Fratelli d’Italia Donzelli. Di fatto, una non risposta che si cela dietro l’apertura dell’inchiesta della Procura di Roma, esposto presentato dall’onorevole Bonelli dell’Alleanza Verdi e Sinistra oggi stesso, anche se ha poi assicurato che «appena conclusa l’istruttoria sono disponibile a riferire nelle sedi opportune». Tuttavia, già ieri il ministro della Giustizia aveva escluso «in modo assoluto un rapporto di Cospito con esponenti parlamentari, non solo del Pd, ma di qualsiasi gruppo. E nella legge è scritto che i parlamentari hanno sempre il diritto di visitare i detenuti».

Facendo un passo indietro, con l’obiettivo di chiarire il più possibile la vicenda, è utile ricordare che è diventato ormai virale il discorso dell’onorevole Donzelli, a capo del coordinamento di Fratelli d’Italia, in Parlamento riguardo al caso Cospito, ex leader della Fai (Federazione anarchica informale), che è in sciopero della fame da 100 giorni contro il 41bis e per questo è stato trasferito da Sassari al carcere di Opera a Milano, che ha una clinica interna.

Per giustificare la linea dura in merito al regime del 41bis del governo Meloni, Donzelli ha citato documenti secretati che riportavano intercettazioni interne alle carceri. Non solo, nel farlo, ha ricordato i recenti incontri di Cospito con alcune teste del clan dei casalesi, che lo avrebbero spronato a continuare la sua lotta per arrivare al risultato comune dell’abolizione del 41bis.

E infine ha accusato i suoi colleghi di connivenze con detenuti mafiosi e terroristi chiedendo se «questa sinistra sta con lo Stato o con i terroristi e la mafia» dati gli incontri di alcuni esponenti delle opposizioni opposizione – Andrea Orlando, Debora Serracchiani, Walter Verini, Silvio Lai – con Cospito. Atti che sarebbero, appunto, secretati, e che dovrebbero essere solamente sul tavolo del Dap (Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria) che relaziona al sottosegretario della Giustizia, Andrea Delmastro, collega di partito e coinquilino di Donzelli, che a sua volta è vice al Copasir, l’organo di controllo parlamentare dei servizi segreti.

Da un lato, Donzelli è categorico nel confermare che non si dimetterà per l’accaduto, mentre Delmastro chiarisce più dettagliatamente la sua posizione. La sua linea si basa sul fatto che le rivelazioni non si basano su intercettazioni o inchieste ma provengono da una relazione che il Dap esegue al ministero della Giustizia. Non sarebbero, quindi, atti secretati e Donzelli ne sarebbe venuto a conoscenza perché lui stesso gliene aveva parlato, come avrebbe fatto – parole sue – anche con altri deputati, anche di altri partiti. Questo, però, non tornerebbe con quanto affermato all’inizio, direttamente in aula, da Donzelli, il quale aveva detto di aver trovato gli atti al ministero, dov’era tra l’altro impossibile che fossero perché facenti parte di relazioni secretate e dedicate alla lettura di poche persone abilitate a farlo.

Le reazioni non si sono fatte attendere e sono arrivate sì dall’opposizione, ma si è registrata una certa freddezza anche all’interno della maggioranza stessa. Infatti, da Forza Italia Giorgio Mulè (vicepresidente dell’aula) ha sibillinamente dato del “Fonzie” al suo collega di Fratelli d’Italia, aggiungendo in serata a Di Martedì di Floris che quella di Donzelli è stata «un’accusa sgraziata, una cosa da non fare». Dalla Lega, invece, è arrivato l’unico attestato di solidarietà piena che si sia registrato lato maggioranza: ci ha pensato Salvini, che ha chiarito come i ruoli dei colleghi Donzelli e Delmastro non siano in bilico e che la revoca del 41bis a Cospito sia impensabile.

Il dato politico è evidente. Da una parte questa vicenda rischia di creare i primi veri imbarazzi alla maggioranza di governo – si guardi al silenzio della premier e all’evidente imbarazzo istituzionale del ministro Nordio durante l’informativa. Dall’altro, per la prima volta, l’opposizione tutta si trova compatta in una direzione, dal Terzo Polo di Calenda, che chiede duramente le dimissioni di Delmastro perché «la diffusione di intercettazioni riservate per strumentalizzarle politicamente è indegna, illegale e senza precedenti», a Walter Verini, che dal Pd accusa Donzelli di aver «usato parole delinquenziali, ha usato le parole come i fascisti il manganello», oppure Alessia Morani, che sempre dalle fila dem si augura che «almeno il ministro Nordio esiga il loro passo indietro, non siamo la repubblica delle banane».

Occorre attendere un’informativa che informi, per citare Fratoianni di Sinistra Italiana che ha accusato il ministro Nordio di non aver spiegato nulla più di quello che già si sapeva sulla vicenda. Anche il silenzio della premier Giorgia Meloni dovrà necessariamente trovare una conclusione, in una direzione o nell’altra. Questo anche per spegnere un’infiammata opposizione, insperatamente unita nel giudicare le azioni di Donzelli come «analfabetismo istituzionale» – come affermato da vari commentatori ed esponenti politici.

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