Politica

Brexit: ultimatum Ue a Londra

13
Novembre 2017
Di Redazione

l capo-negoziatore dell'Unione Europea per la Brexit, Michel Barnier, ha lanciato un ultimatum al governo di Theresa May, dando due settimane per fare concessioni sul conto che il Regno Unito deve pagare per onorare i suoi impegni finanziari dopo la Brexit e minacciando di rinviare ancora una volta la decisione di passare alla seconda fase delle trattative sulle relazioni future. "La mia risposta è si'", si e' limitato a dire Barnier durante una conferenza stampa al termine del sesto round negoziale, dopo che una giornalista gli aveva chiesto se aveva dato due settimane al Regno Unito sul conto della Brexit. Fare chiarezza sugli impegni finanziari che il Regno Unito deve onorare per la Brexit e' "una condizione imperativa per arrivare a progressi sufficienti a dicembre", ha poi precisato Barnier.

Nel Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, i capi di Stato e di governo dell'Ue a 27 saranno nuovamente chiamati a valutare se ci sono "progressi sufficienti" sull'accordo di divorzio tra l'Ue e il Regno Unito – in particolare diritti dei cittadini, Irlanda e conto della Brexit – per poi passare ai negoziati sulle relazioni future. "Non si tratta di risolvere tutto nel dettaglio, ma di fare progressi sinceri e reali", ha spiegato Barnier, dopo la discussione con il ministro britannico per la Brexit, David Davis. Se non ci saranno "progressi reali e sinceri" su diritti dei cittadini, Irlanda e impegni finanziari, "ritarderemo la discussione" sul periodo transitorio e l'accordo di libero scambio, ha avvertito Barnier. Le aspettative erano ai minimi per il sesto round di negoziati sulla Brexit: due giorni di discussioni tecniche tra la squadra diretta da Barnier e quella di Davis, per approfondimenti e chiarimenti, ma senza "annunci o decisioni", come ha spiegato il capo-negoziatore dell'Ue in conferenza stampa.

Sulle tre questioni che sono oggetto delle trattative per l'accordo di divorzio – diritti dei cittadini, Irlanda e impegni finanziari – lo stallo prosegue, con le due parti arroccate dietro le loro linee rosse. Come fa da due mesi, Davis ha chiesto all'Ue "flessibilita', immaginazione e spirito pragmatico". Barnier ha risposto che "sul piano politico e tecnico-finanziario dobbiamo avere progressi sufficienti" e "non ci siamo ancora". Sui diritti dei cittadini resta del "lavoro da fare" sui ricongiungimenti familiari, l'esportazione dei benefit della sicurezza sociale e il ruolo della Corte europea di giustizia. Sono gli stessi punti su cui il negoziato si era arenato nel quinto round di ottobre e, come lo scorso mese, Davis ha detto che il governo May intende "preservare la sovranita' dei nostri tribunali" rifiutando la giurisdizione della Corte europea di giustizia. Sull'Irlanda, Davis ha bocciato l'idea avanzata dagli europei di permettere all'Irlanda del Nord di restare dentro il mercato interno e l'unione doganale. Tecnicamente vorrebbe dire introdurre delle dogane tra l'Irlanda del Nord e il resto del territorio britannico. Per il ministro britannico, la soluzione alla questione irlandese "non puo' significare creare una frontiera dentro il Regno Unito".

Ma è sul conto della Brexit, valutato tra i 60 e i 100 miliardi, che le posizioni sono ancora lontanissime. "Dobbiamo lavorare sulla traduzione precisa degli impegni presi a Firenze dal primo ministro Theresa May a Firenze", ha spiegato Barnier. Davis si è nuovamente rifiutato di mostrare le carte, limitandosi a ripetere la formula vaga usata da May nel suo discorso di Firenze in settembre: "i nostri partner europei non dovranno pagare di piu' o ricevere di meno su cio' che resta dell'attuale piano di bilancio come risultato della nostra decisione di uscire" dall'Ue.


La situazione politica interna nel Regno Unito non aiuta i negoziati. "C'e' un problema di mancanza di leadership politica a Londra", spiega una fonte europea di alto livello. Theresa May e' "troppo debole per fare le concessioni che sono necessarie", secondo la fonte. Dopo il mancato successo alle elezioni di giugno, il premier britannico è indebolito anche dalla serie di scandali che hanno costretto alcuni suoi ministri alle dimissioni. Il suo governo e' ancora diviso sul tipo di Brexit da perseguire. A Bruxelles c'è chi parla di una possibile "sorpresa", come le dimissioni di May, nuove elezioni, un rinvio della data di uscita o un cambio di rotta sulla Brexit. Barnier ha detto di seguire "attentamente" l'evoluzione politica, ma "negoziamo con il governo del Regno Unito" in carica che "ci conferma di voler uscire dall'Unione europea, dal mercato interno e dall'unione doganale". Alcuni diplomatici europei sperano che l'ultimatum di Barnier sul conto della Brexit costringa May e Davis a mettere tutte le carte sul tavolo. Ma il tempo continua a correre.

Sono passati 505 giorni dal referendum sulla Brexit e mancano 505 giorni al 29 marzo 2019, la data di uscita del Regno Unito. Calcolando i sei mesi necessari a ratificare l'accordo della Brexit, manca meno di un anno per trovare un compromesso sui termini del divorzio, il periodo transitorio e i contorni delle relazioni future. Secondo la fonte europea di alto livello, a questo punto "tutti gli scenari sono possibili". Compreso un mancato accordo sulla Brexit.

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