Politica

Agenda Letta (contro ‘Agenda Draghi’) e tre nuove correnti: il Pd si butta ‘a sinistra’

27
Maggio 2021
Di Ettore Maria Colombo

Un ‘agenda Letta’ assai diversa dall’agenda Draghi – in cui il Pd diceva di riconoscersi – e spostata, sui contenuti, molto a sinistra, dalla tassa patrimoniale al ddl Zan, dai diritti civili allo ius soli, dall’appoggio alla linea delle ong sugli sbarchi al blocco dei licenziamenti invocato dal ministro Orlando fino al codice degli appalti.

E il proliferare di nuove correnti interne, nonostante Letta, paragonandosi a Terminator, aveva detto, all’inizio del suo mandato, che le voleva smantellare e picconare il più possibile. Sono queste le due novità delle due settimane, emerse nel campo del Pd, al netto, ovviamente, delle candidature alle prossime amministrative e del ‘campo largo’ (con 5Stelle e non solo) che sempre il segretario dem si propone di costruire.

Nessuna novità sul fronte delle amministrative

Da questo punto di vista, assai poche sono le novità: a Roma si terranno, come si sa, inutili primarie: il candidato del Nazareno, Roberto Gualtieri, le vincerà senza patemi, il problema sarà vincere la sfida a sindaco della Capitale.

A Bologna, sempre il 20 giugno, le primarie vedranno scontrarsi una donna (Isabella Conti, renziana) e un uomo (Matteo Lepore, appoggiato dal Nazareno come dal Pd locale) mentre il 12 giugno a Torino si confronteranno quattro uomini e nessuna donna: le vincerà Stefano Lorusso, unico candidato locale forte.

A Napoli, la sola vera città in cui non si terranno, oltre che a Milano, dove si ricandida Sala, Conte e Letta sono ancora indietro nella scelta del candidato comune, ma non disperano di potere, alla fine, convincere l’ex ministro all’Università Gaetano Manfredi ad accettare la difficile sfida.

Obiettivo Letta: fare il pieno di voti a sinistra

Ma come dicevamo, la cosa che più colpisce, nella sterzata imposta da Enrico Letta nella sua segreteria, in sella da appena due mesi, è l’aver virato così fortemente ‘a sinistra’ su temi e valori.

L’obiettivo di Letta sembra, in realtà, più sottile: cercare di ‘tirar su’, nei sondaggi, il suo Pd, recentemente superato, seppur di poco, da FdI e inchiodato al 18% preso alle Politiche del 2018 (gestione Renzi, che per questo motivo si dimise), e quindi definire, in base a questa necessità, una identità molto spostata ‘a sinistra’, per il Pd. Recuperando, in vista delle amministrative, quando arriveranno i voti ‘veri’, e non varranno più, come ora, solo i sondaggi, voti e consensi a sinistra, cioè in quello spazio che, oggi, sta tra LeU-Articolo Uno, Sinistra italiana, Verdi e che, elettoralmente, vale almeno un buon 4%-5%. Insomma, la ‘scommessa’ di Letta sembra essere che, una volta finita la pandemia (e il coprifuoco), “ci sarà bisogno di più sinistra” e che, quindi, “vanno rimessi insieme i cocci di quello che c’è”. Le mosse del segretario sono dunque quelle di caratterizzare il suo partito sempre più con proposte e idee ‘di sinistra’, spiazzando – almeno in parte – un pezzo del suo stesso partito (l’ala degli ex renziani di Base riformista, di Lotti e Guerini, ma anche Area di Dario Franceschini).

L’altro obiettivo: non mandare Draghi al Colle

Nonostante le tante critiche subite, specie sulla tassa patrimoniale, tra i partiti e i commentatori, Enrico Letta ripete a chiare lettere: “Non mollo”, ma stavolta il bersaglio della ‘minaccia’ del segretario del Pd non è l’alleato-avversario Matteo Salvini, ma l’inquilino di Palazzo Chigi, Mario Draghi con cui pure si è sentito al telefono per un chiarimento dopo il no del premier alla proposta di introdurre una tassa di successione per finanziare una dote ai diciottenni.

“Un confronto franco e cordiale”, spiegano fonti del Nazareno, ma in realtà c’è stato un duro faccia a faccia. Il premier ha chiesto «lealtà e soprattutto che si giochi a carte scoperte». Seguirà incontro tra i due, previsto in settimana che forse sarà risolutore e forse, invece, no.

Letta avrebbe in testa anche un altro piano: tenere alta la tensione per logorare l’esecutivo fino all’elezione del capo dello Stato. L’obiettivo è segare le gambe a Draghi nella corsa al Quirinale per lasciarlo dov’è, cioè a palazzo Chigi. Scenario ipotizzato da Ettore Rosato, organizzatore di Iv, come riportava il Giornale. Da qui si spiegherebbe la virata ‘a sinistra’ di Letta dopo l’endorsement ufficiale di Matteo Salvini sul nome di Draghi per il post-Mattarella.

Ma se, nella partita sul fisco, il M5S risulta non pervenuto (tranne timide critiche a Letta e al Pd), l’idea di Letta piace subito a tutta la sinistra, sia quella del Pd (Orfini, Provenzano, Orlando), sia quella ex radicale fuori dal Pd (LeU, SI, Sardine).

Il leader del Pd, perciò, non arretra e rilancia. “Un provvedimento – insiste Letta – che va approvato in questa legislatura”.  

I malumori interni al Pd sulle uscite di Letta

Certo, c’è anche chi, pur ‘riformista’ doc, esulta, come Enrico Borghi, oggi nella segreteria Letta: “Far pagare ai ricchissimi le tasse per i più poveri, stoppare i brevetti dei vaccini, dare diritti ai discriminati. Abbiamo di nuovo una sinistra!” dice, soddisfatto, Borghi al Quotidiano nazionale. Ma c’è anche chi non è affatto soddisfatto del ‘nuovo corso’ ‘di sinistra’ impresso da Letta. L’uscita più divertente la riporta La Stampa: “ci siamo comprati un ex Dc e ci siamo ritrovati un tupamaro…”. Oppure, anche, “ci siamo addormentati diccì e ci risvegliamo comunisti” in merito all’ultimissima sortita di Enrico Letta, che vorrebbe che le suore possano dire messa (sic), suscitando l’ironia acida di Matteo Renzi (“Si preoccupi a candidare donne alle comunali…”). Ex diccì ed ex PPI, oggi in Base riformista o in Area dem, sono rimasti assai silenti e perplessi, sia sull’idea della tassa patrimoniale sia sugli attacchi di Confindustria al ministro Orlando sul blocco dei licenziamenti. Il silenzio su Orlando, al Nazareno, è stato notato: non è molto piaciuto.

Prossima e Rigenerazione: le nuove correnti

Ma, come se non bastassero le correnti che già ci sono (dette per sommi capi: Base riformista, gli ex renziani; Area dem, guidata da Franceschini; Sinistra è cambiamento di Delrio; Dems di Orlando, i Giovani turchi di Orfini; i lettiani…), ecco che ne sorgono due nuove, assai simili, anche se si autoproclamano non certo ‘correnti’ o ‘componenti’, ma “aggregazioni politico-sociali”. L’ultima, in ordine di tempo, si chiama “Prossima”, si definisce una “rete politica culturale di sinistra” ed è animata da dirigenti del Pd molto vicini a Zingaretti durante la sua segreteria, come Nicola Oddati, l’ex responsabile comunicazione Marco Furfaro, l’ex responsabile lavoro Marco Miccoli, Stefano Vaccari (che è rimasto responsabile dell’organizzazione del Pd anche con Letta), Maria Pia Pizzolante e altri, tra cui gli ex Pci Giuliano Pisapia e Livia Turco. Sono, in buona sostanza, zingarettiani ‘di sinistra’, ovviamente molto legati al biennio della alleanza strategica con M5s e all’idea di Conte come “punto di riferimento dei progressisti” (sic).

Le altre due correnti sono quella di Goffredo Bettini (“Agorà”), che ha visto Conte e Letta partecipare al suo battesimo ufficiale, ma di cui già si sono perse le tracce, nella vita quotidiana; e quella animata da Paola De Micheli, “Rigenerazione democratica”. Come Bettini animata da un certo afflato politico-religioso, “Rigenerazione democratica” dell’ex ministra De Micheli, storicamente vicina a Enrico Letta, è una associazione che è già uscita pubblicamente con un’iniziativa cui ha partecipato il sociologo Mauro Magatti seguita da 5000 persone su Zoom.

In ogni caso, nel Pd le correnti proliferano, non muoiono.