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Welfare, lavoro e IA: le priorità di Rizzetto per una transizione sociale sostenibile

18
Dicembre 2025
Di Ilaria Donatio

(Intervista pubblicata su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Welfare, partecipazione, politiche attive, previdenza e impatto dell’intelligenza artificiale: sono i fronti su cui si gioca la nuova stagione sociale italiana. Al centro c’è la sfida di rafforzare il mercato del lavoro e ridurre le disuguaglianze senza frenare la competitività. Di questo e molto altro parla Walter Rizzetto, presidente della Commissione Lavoro della Camera, che traccia le priorità della maggioranza per i prossimi anni.

A che punto è oggi il cantiere del welfare italiano? Dopo anni di interventi frammentati, qual è la vostra idea di sistema: universalismo selettivo, più responsabilità individuale o un nuovo equilibrio tra Stato e imprese?

«Il governo sta riportando il welfare dentro un quadro più organico, capace di rispondere alle trasformazioni del lavoro e della società. Il nostro obiettivo è costruire un sistema in grado di rafforzare il mercato del lavoro e, al tempo stesso, tutelare i diritti dei lavoratori, integrando in modo più efficace il welfare pubblico con quello aziendale. In particolare, riteniamo importante incentivare il welfare aziendale quale strumento efficace per sostenere i salari, migliorare il clima interno e accrescere il benessere dei lavoratori. Va chiaramente in questa direzione, la defiscalizzazione del welfare aziendale introdotta dal Governo Meloni e confermata nella Manovra».

Sul fronte del lavoro, il Governo rivendica un aumento degli occupati ma resta il nodo della qualità. Come si interviene su salari bassi, lavoro povero e produttività senza ricadere in bonus temporanei?

«I dati Istat mostrano una crescita dell’occupazione sempre più stabile: il tasso del 62,7% è il livello più alto dal 2004. Le sfide restano, ma il trend indica che il Paese sta consolidando una crescita importante nonostante un contesto internazionale difficile. Per rafforzare salari e qualità del lavoro occorre agire su formazione, produttività, rinnovo dei contratti e sostegno all’occupazione stabile. Abbiamo avviato un nuovo sistema di politiche attive che mette al centro la formazione per facilitare l’accesso al mercato del lavoro delle persone occupabili. Significative anche le misure della Manovra, che destina risorse consistenti alle assunzioni a tempo indeterminato, con particolare attenzione ai giovani, alle donne in condizione di svantaggio e ai lavoratori impiegati nella ZES unica del Mezzogiorno. Inoltre, siamo convinti dei benefici che deriveranno dalla nuova legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili d’impresa, la cui attuazione migliorerà il benessere dei lavoratori e incentiverà produttività e coesione».

Il Reddito di cittadinanza è stato superato da nuove misure. Quali risultati vede oggi da Supporto formazione-lavoro e Assegno di inclusione, e cosa va ancora corretto?

«Il superamento del Reddito di cittadinanza ha rappresentato un passaggio necessario. Abbiamo sostituito un impianto assistenzialistico con strumenti più mirati, quali l’Assegno di inclusione e il Supporto per la Formazione e il Lavoro, che si rivolgono rispettivamente a coloro che sono in condizioni di fragilità e a coloro che possono essere ricollocati nel mercato del lavoro. Questo approccio sta producendo effetti concreti, rafforzando la protezione sociale e favorendo il reinserimento lavorativo. È necessario inoltre valorizzare l’outplacement a sostegno dei lavoratori nelle fasi di transizione. È per questo che ho presentato una proposta di legge che prevede l’obbligatorietà dell’attivazione di servizi di ricollocazione mirati in specifici casi di cessazione del rapporto di lavoro. È riconosciuto che l’outplacement è uno strumento efficace in grado di accompagnare i lavoratori in modo tempestivo nelle fasi di transizione lavorative».

Sul piano contributivo e previdenziale, l’invecchiamento della popolazione accelera. Quale architettura immagina per rendere sostenibile il sistema pensionistico nei prossimi 10-15 anni?

«Il calo demografico e l’allungamento dell’aspettativa di vita rendono necessario ripensare l’architettura del nostro sistema previdenziale. La sostenibilità futura dovrà poggiare su tre elementi fondamentali: un mercato del lavoro solido, il rafforzamento della previdenza complementare e una gestione attenta degli equilibri contributivi. In questo percorso è essenziale rilanciare la previdenza complementare, che resta ancora poco conosciuta e utilizzata. Campagne informative, educazione finanziaria e semplificazione delle procedure sono fondamentali per far comprendere l’importanza di questo strumento per garantirsi un futuro più sicuro e sostenibile attraverso una responsabile gestione del risparmio».

Gender gap: l’Italia è ancora tra gli ultimi in Europa per tasso di partecipazione femminile al lavoro. Quali interventi concreti vede come prioritari: congedi, welfare aziendale, asili, fiscalità o una riforma complessiva del lavoro di cura?

«Se vogliamo un Paese più giusto e competitivo, dobbiamo creare condizioni che favoriscano la presenza delle donne nel mondo del lavoro. Per questo è necessario mettere le imprese nelle condizioni di adottare strumenti efficaci a sostegno della parità di genere, valorizzando al contempo il ruolo della contrattazione collettiva nella definizione di percorsi professionali qualificati per le lavoratrici. La legge di Bilancio conferma questo impegno, destinando oltre 6 miliardi di euro a misure rivolte alle famiglie e rafforzando in modo significativo il sostegno all’occupazione femminile. L’incremento del bonus asili nido, l’ampliamento del congedo parentale all’80% e gli interventi mirati alle madri lavoratrici rispondono all’esigenza di ridurre gli ostacoli che ancora limitano la partecipazione delle donne al lavoro».

Parliamo di contrattazione. Il tema del salario minimo è tornato al centro del dibattito: esiste, secondo lei, uno spazio per tutelare i lavoratori nelle filiere più fragili senza comprimere la contrattazione collettiva?

«Il salario minimo legale, per come viene spesso proposto, rischierebbe di indebolire la contrattazione collettiva, che oggi garantisce a milioni di lavoratori trattamenti già superiori ai 9 euro l’ora. La vera sfida non è fissare una soglia unica per legge, ma rendere effettivo attraverso la contrattazione un trattamento economico complessivo che comprenda non solo la paga oraria, ma anche tredicesima, quattordicesima, scatti, indennità, TFR e welfare contrattuale. Ci siamo posti questo obiettivo approvando in Parlamento una delega al Governo per introdurre misure che garantiscano una retribuzione proporzionata e sufficiente a tutti i lavoratori attraverso il rafforzamento della contrattazione collettiva di qualità e il contrasto ai contratti pirata».

Lei ha promosso un’indagine conoscitiva su intelligenza artificiale e mondo del lavoro. Qual è la conclusione principale: l’IA distruggerà posti, ne creerà di nuovi o cambierà la natura stessa dell’occupazione? E quale ruolo può giocare il Parlamento nel governare la transizione?

«Ritengo che l’intelligenza artificiale possa rappresentare un supporto strategico non solo per la produttività delle imprese, ma anche per i lavoratori meno digitalizzati, per i giovani e per gli anziani. Proprio per questo, prima di definire nuove regole, la politica ha il dovere di comprendere fino in fondo la portata di questa trasformazione. È la ragione che mi ha spinto a promuovere l’indagine conoscitiva sugli effetti dell’IA nel mondo del lavoro. È stato necessario conoscere con precisione l’impatto dell’IA sulle filiere produttive, in particolare nelle sue applicazioni tradizionali e generative, per valutarne i potenziali rischi e individuare strumenti adeguati di tutela e accompagnamento. I dati mostrano che una virtuosa gestione dell’IA nei processi produttivi può generare nuove opportunità occupazionali nel nostro Paese. Serve dunque un approccio proattivo per gestire e non subire la portata innovativa che l’IA sta introducendo, dando priorità a percorsi di reskilling e upskilling per elevare le competenze dei lavoratori, accompagnare le transizioni e prevenire eventuali tensioni sul mercato del lavoro. La politica deve essere pronta a governare questi cambiamenti con norme adeguate, tempestive e orientate alla tutela del sistema produttivo e dei lavoratori».