Lavoro

Lavoro, I trimestre crescono gli occupati ma aumenta anche divario di genere

14
Giugno 2023
Di Alessandro Cozza

Nel primo anno che si apre senza l’incubo della pandemia, il dato relativo agli occupati del primo trimestre del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022 segna una crescita importante pari a 513.000. In particolare, rileva l’Istat nella nota sul mercato del lavoro nel primo trimestre, quello analizzato è l’ottavo trimestre consecutivo nel quale si osserva un aumento tendenziale dell’occupazione. L’aumento, nel dettaglio, coinvolge i dipendenti a tempo indeterminato (+3,7%) e gli indipendenti (+1,0%), mentre si riduce il numero dei dipendenti a termine (-2,7%); rispetto al primo trimestre 2022, prosegue il calo dei disoccupati (-76 mila in un anno, -3,5%) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-558 mila, -4,3%). I tassi presentano una dinamica simile: il tasso di occupazione sale al 60,9% (+0,3 punti), quello di disoccupazione all’8,0% (+0,1 punti) e il tasso di inattività 15-64 anni scende al 33,7% (-0,4 punti).

Dal lato delle imprese, si intensifica la crescita congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti che, nel complesso, aumentano dell’1,1%, per effetto sia di un’accentuata crescita della componente a tempo a tempo pieno (+1%) sia di una spinta al rialzo della componente a tempo parziale (+1,4%). %). In termini tendenziali, la crescita delle posizioni dipendenti è pari al 3,1% e l’aumento è stato più intenso per la componente dei full time (+3,6%) rispetto a quella dei part time (+1,7%). In aumento anche le ore lavorate per dipendente, in termini congiunturali (+1,9%) e, soprattutto, in termini tendenziali (+4,6%) mentre il ricorso alla cassa integrazione scende a 8,7 ore ogni mille ore lavorate.

Dati incoraggianti arrivano anche dal tasso di disoccupazione che scende all’8,3 per cento (-0,5 punti in un anno), in calo soltanto nel Centro-nord e soprattutto tra i giovani. La diminuzione del numero delle persone in cerca di occupazione, che si attesta a poco più di 2 milioni di unità (-76 mila in un anno, -3,5 per cento), ha interessato soltanto i disoccupati con precedenti esperienze di lavoro; in calo anche la quota di chi è alla ricerca di lavoro da almeno 12 mesi che scende al 54,3 per cento del totale disoccupati (-4,5 punti), per un totale di 1 milione 139 mila persone.

Un dato negativo sul quale dover riflettere è rappresentato dall’ampliamento dei divari di genere, per cittadinanza e per livello di istruzione in Italia. Dal primo trimestre 2019 al primo trimestre del 2023, la crescita per gli uomini è stata superiore a quella delle donne e il gap di genere nel tasso di occupazione è salito da 17,1 punti a 17,5. Ad aumentare è anche la penalizzazione di chi ha bassi titoli di studio: nel primo trimestre 2023 il tasso di occupazione dei laureati è di 15,6 punti superiore a quello dei diplomati. I divari che si sono ridotti, invece, sono i divari generazionali e quelli territoriali. La crescita del tasso di occupazione tra i giovani (+3,4 punti) è stata infatti più intensa di quella tra i 35-49enni (+2,8 punti) e di quella tra i 50-64enni (+2,1 punti). Nel Nord, dove gli effetti negativi della pandemia sul mercato del lavoro sono stati più marcati, la ridotta crescita ha comportato una riduzione del gap territoriale, che rimane comunque particolarmente elevato: da 24,3 punti del primo trimestre 2019 a 21,7 punti del primo 2023.

Sulla base di questi dati The Watcher Post, ha voluto raccogliere le considerazioni dei sindacati.

“L’Istat, nel presentare i dati sull’occupazione del I trimestre 2023, dà conto di una ripresa post covid che ha prodotto nell’ultimo anno oltre mezzo milione di posti di lavoro, tutti a tempo indeterminato, con una ripresa anche del lavoro autonomo, mentre il lavoro a termine è diminuito. L’istituto sottolinea che la crescita non è stata di pari intensità per tutti, comportando in alcuni casi una diminuzione e in altri un aumento dei tradizionali divari. Mentre si sono ridotti i divari generazionali e quelli territoriali, sono aumentati quelli di genere e per titolo di studio: l’occupazione femminile è cresciuta, ma meno di quella maschile, ed è aumentata la penalizzazione di chi ha bassi titoli di studio”, commenta, in una nota, la CISL.

«La fotografia scattata dall’Istat sulle politiche di coesione e sull’utilizzo dei Fondi europei è impietosa e dimostra ancora una volta che occorre potenziare la macchina della Pubblica Amministrazione centrale e locale”. Lo dichiara la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese. “Bisogna accelerare la spesa dei fondi UE 2014-2020: siamo di fronte a un’attività che procede troppo lentamente e di ciò siamo preoccupati. A febbraio di quest’anno è stato rendicontato, a Bruxelles, soltanto il 59,1% delle risorse a disposizione. Questo significa che fino alla fine dell’anno dobbiamo ancora spendere oltre 26 miliardi di euro»; aggiunge Veronese ribadendo «la necessità di concentrare le risorse su pochi obiettivi e, soprattutto, sul lavoro di qualità per giovani e donne».

«I dati che siamo chiamati a commentare sono molto preoccupanti e mostrano quanto sia un grave errore perseverare nella cancellazione del Reddito di Cittadinanza che, nonostante le criticità, in questi anni ha contribuito a ridurre divari e disuguaglianze. Per questo chiediamo di modificare il decreto lavoro». Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi. Per la dirigente sindacale la conferma che quasi un quarto della popolazione – il 24,4 per cento, pari a 14,3 milioni di persone – nel 2022 sia ancora a rischio povertà o esclusione sociale non può essere ignorata. Così come gli 11,8 milioni di persone a rischio povertà (il 20,1 per cento), i 2,6 milioni di individui in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (il 4,5 per cento), cui si aggiunge il 9,8 per cento di persone che, nel 2021, viveva in famiglie a bassa intensità di lavoro. «La legge di conversione del decreto lavoro e’ ancora in discussione in Senato – sottolinea in conclusione Barbaresi – e occorre intervenire subito per modificarne le previsioni. Il Report Istat è, infatti, l’ennesima conferma che cancellare il Reddito di Cittadinanza per introdurre una misura rivolta solo a una parte della popolazione, individuata con criteri parziali ed escludenti, è un drammatico errore che avrà preoccupanti conseguenze sociali quando, nel mese di agosto, centinaia di migliaia di famiglie perderanno l’unica forma di sostegno al reddito che percepiscono».