Fill the gap

Scegliere di essere genitori oggi: le voci dei protagonisti tra barriere e speranze

26
Settembre 2025
Di Ilaria Donatio

C’è un’Italia che vorrebbe avere figli, ma che troppo spesso si scontra con ostacoli concreti: servizi insufficienti, cultura arretrata, carichi di cura squilibrati. “Scegliere di essere genitori oggi” significa fare i conti con una delle sfide decisive del nostro futuro. Non è una questione privata: riguarda la tenuta del sistema sociale, economico e produttivo. I dati parlano chiaro: l’occupazione femminile in Italia è ferma al 53%, la più bassa in Europa (media UE 69%). Le madri hanno venti volte più probabilità degli uomini di diventare caregiver a tempo pieno. E i padri? La legge riconosce solo dieci giorni di congedo obbligatorio, contro le 16 settimane della Spagna. Una sproporzione che incide non solo sulla vita delle famiglie, ma sulla crescita stessa del Paese.

Dunque sì, fare figli, oggi, in Italia, è una scelta pesante. Pesa sulle donne, che troppo spesso si trovano costrette a ridimensionare ambizioni e percorsi professionali. Pesa sulle coppie, che ancora faticano a dividersi in modo equo il lavoro di cura. Pesa su un Paese che vede la natalità crollare e non riesce a immaginare politiche all’altezza.

Di questo si è parlato giovedì 25 settembre alla Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, nell’incontro “Scegliere di essere genitori oggi”, promosso da Valore D e Fuori Quota insieme al Centro per la Salute delle Bambine e dei Bambini.

È Elena Bonetti (Azione) a richiamare la politica alle sue responsabilità: da presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla transizione demografica, ricorda che la natalità non è “una faccenda privata, ma una questione nazionale che riguarda la sostenibilità sociale ed economica”. Bonetti insiste sul punto: servono politiche strutturali, non bonus occasionali. “Se non invertiamo la rotta – aveva detto già da ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità – l’Italia rischia di diventare un Paese senza futuro”. Parole che oggi risuonano ancora più urgenti.

Dal lato delle imprese, la ricerca contenuta nel white paper promosso da Valore D e Fuori Quota in collaborazione con Bain & Company porta le firme di Ulrike Sauerwald, Head of Research & Knowledge Management di Valore D, e Laura Cavatorta, vicepresidente di Fuori Quota, che mettono a nudo con chiarezza le barriere che frenano la maternità. Non sono ostacoli individuali, ma culturali e organizzativi. Sauerwald parla di aziende come “laboratori di innovazione sociale” che possono sperimentare modelli concreti di welfare – flessibilità oraria, congedi paritari, servizi di supporto – capaci di diventare benchmark per l’intero sistema. Cavatorta aggiunge che il nodo non è offrire benefit isolati, ma trasformare la cultura manageriale: finché la maternità resterà percepita come un problema, non come una risorsa, l’Italia continuerà a pagare in termini di natalità, occupazione e competitività.

Barbara Falcomer, DG di Valore D, completa la riflessione dal punto di vista delle imprese, chiarendo che “le aziende che non promuovono il talento femminile con politiche inclusive sono penalizzate due volte: in termini di profittabilità e nella diversità interna, che resta impoverita.”

La vicepresidente di Fuori Quota, Cavatorta aggiunge che il nodo non è offrire benefit isolati, ma trasformare la cultura manageriale: finché la maternità resterà percepita come un problema, non come una risorsa, l’Italia continuerà a pagare in termini di natalità, occupazione e competitività.

Il rapporto State of the Fathers, presentato dalla sociologa Annina Lubbock, illumina l’altro lato della medaglia: la condivisione della cura. L’indagine, condotta in Italia, Spagna e Portogallo, mostra che tre padri italiani su quattro dichiarano di condividere equamente la cura dei figli. Ma solo una madre su due conferma. Il divario è netto anche nel carico più intenso: le donne italiane sono 2,6 volte più impegnate degli uomini nelle cure quotidiane ad alta intensità (oltre 4 ore al giorno). E se il 77% degli uomini afferma di essere coinvolto nella cura, i dati raccontano che l’85% delle madri pulisce regolarmente la casa, contro il 59% degli uomini. Lubbock avverte: il tempo e la flessibilità lavorativa restano i principali ostacoli. Senza una politica di congedi paritari e ben retribuiti, e senza servizi per l’infanzia accessibili, la parità resterà solo una dichiarazione d’intenti.

Nel confronto politico, Luana Zanella (Alleanza Verdi e Sinistra) – componente della Commissione presieduta da Bonetti – mette in guardia dal rischio di trasformare il tema in pura retorica. Parlare di natalità senza mettere risorse su servizi educativi, asili nido e congedi significa alimentare illusioni. Per Zanella il nodo è culturale e politico insieme: “non bastano appelli alle famiglie, servono scelte di bilancio chiare”.

Chiudere il cerchio tocca al mondo delle imprese, è vero, ma Giuseppe Castiglione (FI), vicepresidente della Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica sottolinea che lo smart working, i congedi paritari e il welfare aziendale non sono più “gentili concessioni”, ma strumenti di competitività e attrattività. Dove le aziende li sperimentano con coraggio, diventano modello per l’intero Paese.

Natalità e genitorialità non sono più scelte individuali da compiere in solitudine. Sono un banco di prova per la politica, le aziende e la società civile. Bonetti, Falcomer, Sauerwald, Cavatorta, Lubbock, Zanella e Castiglione convergono su un punto: diventare genitori oggi non deve essere un salto nel vuoto. La sfida è culturale e organizzativa insieme. E riguarda tutti: perché il futuro, letteralmente, dipende da qui.

Riprese e montaggio a cura di Simone Zivillica.