Fill the gap

L’Italia s’è desta

14
Ottobre 2025
Di Marta Calderini

Sono passati pochi giorni dalla firma dell’accordo di pace proposto da Trump e proprio questa mattina Hamas ha liberato i primi ostaggi. Arrivati a questo punto, è giusto tirare le somme di un autunno che è particolarmente caldo per le piazze italiane. Al netto di come la si pensi sul conflitto isreaelo-palestinese, sugli episodi di violenza che hanno caratterizzato alcune manifestazioni e sul diritto allo sciopero, è innegabile che le piazze a sostegno di Gaza abbiano visto la partecipazione di moltissime persone, soprattutto giovani, mosse da un sentimento abbastanza potente da portare in piazza decine di migliaia di persone in tutta Italia di mercoledì sera (1 ottobre). Non era un corteo elettorale, non era nemmeno propaganda di partito. Non lo era anche perché la politica, di qualunque colore, non è più in grado di chiamare piazze così potenti.

Questo fenomeno non è esclusivamente italiano e nemmeno esclusivamente legato a Gaza. In tutto il mondo, la Gen Z ha mostrato una capacità di mobilitarsi sorprendente, capace anche di ribaltare i governi. Dal Nepal alle Filippine, dal Marocco al Perù, assistiamo a un fenomeno trasversale che non nasce da una strategia politica tradizionale, ma da una spinta morale e civica, spesso amplificata dai social network, che consentono di connettere istanze locali con solidarietà globale. È un movimento che mette in primo piano l’umanità condivisa, più che l’ideologia politica, un nuovo linguaggio della protesta in cui ciò che conta è l’urgenza di reagire a ciò che appare ingiusto o insostenibile.

In Italia, questa ondata di coscienza non si vedeva da quando il Popolo Viola nel 2011 riempì le piazze contro il governo Berlusconi, mobilitazione che nacque in gran parte da una frustrazione verso la politica tradizionale: cittadini comuni, giovani e meno giovani, si ritrovarono nelle piazze senza slogan partitici, mossi dalla stessa voglia di giustizia che oggi si percepisce nelle manifestazioni pro-Gaza.

Ciò che cambia oggi è la portata culturale e simbolica del fenomeno, anche grazie al digitale. I social network hanno in primo luogo creato le condizioni perché il mondo potesse assistere live alle atrocità e ai crimini compiuti contro il popolo palestinese; In secondo luogo – e in un secondo momento – hanno amplificato la mobilitazione catalizzando attenzione e solidarietà e creado il passaparola necessario per riempire, spontaneamente, le piazze. Eppure, questo attivismo digitale ha due facce: da un lato consente di informare, sensibilizzare e connettere milioni di persone; dall’altro rischia di ridursi al cosiddetto slacktivism, cioè a gesti simbolici superficiali – un like, una condivisione – che non si traducono in azione concreta. Ciò che è interessante delle piazze italiane è proprio questo: la consapevolezza digitale si è trasformata in presenza reale. Ora non resta che chiedersi se questo risveglio delle coscienze sia un fenomeno episodico o un segnale che qualcosa sta cambiando nella società.

L’astensionismo crescente che caratterizza tutte le chiamate alle urne degli ultimi anni testimonia un distacco tra cittadini e istituzioni e rappresenta una minaccia per la salute della nostra democrazia. Eppure, le stesse persone che non vanno a votare, che sia per un candidato o per un referendum, non hanno esitato a scendere in piazza per Gaza. Le piazze piene sono l’unico luogo in cui la politica dal basso si può ancora respirare, ma le istituzioni appaiono incapaci di convocarle e coinvolgerle davvero.

Oggi le decisioni globali e locali sembrano sempre più distanti dai cittadini, ma queste mobilitazioni ricordano che l’azione collettiva resta possibile. Non è una politica “di partito”, ma una politica della coscienza. Quale futuro? Difficile dirlo, il piano è stato firmato, gli ostaggi verranno liberati, la pace sembra fatta, almeno sulla carta. E quindi? Oggi non esiste un soggetto politico in grado di catalizzare quella partecipazione e trasformarla in consenso. Ma non è tutto perso: questa ondata di mobilitazioni dimostra che la partecipazione non è morta, ha solo cambiato forma. Le piazze parlano, e lo fanno con la voce di chi non accetta più l’indifferenza. In fondo, Dante l’aveva già previsto: per chi non sceglie mai, non c’è né paradiso né inferno — solo una bandiera vuota da inseguire. E forse gli italiani sono stanchi delle bandiere vuote.