Esteri

Rishi Sunak, indiano e ricco, a Downing Street nell’ora più buia

26
Ottobre 2022
Di Giampiero Cinelli

“Per un impero, l’assimilazione delle etnie e dei popoli è fondamentale. Solo la loro partecipazione ai vertici del potere crea immedesimazione e appartenenza”. Così scrive sui social Guido Salerno Aletta, economista ed editorialista con un vasto curriculum istituzionale. Il riferimento è a Rishi Sunak, nominato ieri da Re Carlo primo ministro inglese. La storia di Sunak rappresenta infatti uno dei migliori esempi di scalata sociale all’interno di una nazione egemone, da parte di un originario di una terra ex coloniale. Ma Salerno Aletta usa molto opportunamente il termine “assimilazione”, anziché “integrazione”, perché Sunak oggi sta per occupare un ruolo generalmente appannaggio delle classi borghesi britanniche, e nella sua vita professionale è perfettamente identificabile ai colletti bianchi autoctoni più affermati. Anzi è più ricco dei coniugi reali. Con un patrimonio di 730 milioni di sterline (circa 800 milioni di euro). E sua moglie, Akshata Murthy, è una facoltosa ereditiera. Ad ogni modo, sarà il primo premier indiano.

I genitori di Sunak, figli di emigrati indiani che vivevano in Africa, arrivano in Inghilterra dopo l’indipendenza conquistata dalla nazione asiatica. Uno medico di famiglia l’altra farmacista. Il figlio Rishi, nato nel 1980 a Southampton, studia al Winchester College, poi si laurea in finanza e filosofia a Oxford. Lavorando in seguito per Goldman Sachs e acquisendo quelle conoscenze che gli permetteranno di accumulare la sua fortuna. In parlamento dal 2015, diventa quindi il cancelliere dello scacchiere, ovvero il ministro delle finanze, dal 2020 al 2022 sotto Boris Johnson. I mercati hanno accolto molto positivamente la sua nomina. La sterlina è risalita sul dollaro e i principali titoli sono scesi nel rendimento dal 4% al 3,7%.

Il nuovo primo ministro dovrà gestire una Gran Bretagna il cui scoglio non è soltanto quello economico. Sunak è favorevole a un taglio delle tasse ma ha criticato l’approccio di Liz Truss e sebbene abbia una formazione conservatrice crede che in questa fase interventi pubblici non possano essere ignorati nei settori in difficoltà. Come detto però forse l’economia è solo apparentemente il fattore che genera l’attuale instabilità britannica, anche in realtà innescata da una crisi dello Stato più profonda. Che si trova a doversi riesporre pesantemente in politica estera e che deve scongiurare la frammentazione del Regno Unito, viste le pressioni dell’Irlanda del Nord per la riunificazione e la rinnovata agitazione scozzese dopo Brexit. Dossier complicati, ereditati da una figura dalla preparazione prettamente tecnica più che politica.