Esteri
Ricordate la Grecia?
Di Gianni Pittella
C’è stata una fase lunga e drammatica che ha fatto traballare la solidità non solo finanziaria della Grecia, una fase nella quale i falchi dell’austerità volevano punire la Grecia con terapie di lacrime e sangue e ricordo perfettamente la battaglia che condussi come presidente del gruppo dei socialisti e democratici al Parlamento Europeo per attenuare l’intensità di quella terapia che si voleva propinare come olio di ricino alla Grecia. Ricordo che ci fu una storica discussione nella plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo alla presenza del premier di allora della Grecia Alexis Tsipras e ricordo in particolare che io andai da Tsipras prima di prendere la parola e gli dissi: “Se lei ci sta nel portare avanti una politica di risanamento ma senza i lacci che vogliono imporre i profeti dell’austerità noi saremo con lei” e tenni un intervento, dopo aver avuto l’assenso di Tsipras, molto forte in cui esordii dicendo: “Noi non permetteremo che la Grecia esca dalla zona euro e faccia mancare la sua presenza anche simbolica dalla costruzione europea.”
Poi insieme ad alcuni parlamentari, tra cui ricordo con affetto il compianto Luigi Berlinguer, lanciammo una campagna e facemmo un comizio al Pantheon a Roma e la parola d’ordine fu: “L’Europa senza la Grecia è come un bimbo senza la sua carta d’identità.”
Oggi potremmo dire la stessa cosa per la Francia: oggi la Francia si sta dibattendo in una crisi finanziaria ed economica profonda e anche in una crisi politica molto complicata. Tutti i parametri che riguardano il debito pubblico, il deficit e la crescita sono allarmanti (il deficit è al 5,8 e il debito attorno al 115% del PIL) e il parametro politico è ancora più drammatico perché, a fronte di una situazione finanziaria non sostenibile, vi è una empasse politica che vede il presidente Macron provare a dare un minimo di stabilità, ma nel Parlamento c’è una difficoltà obiettiva nel costruire una maggioranza a sostegno di un governo che duri.
“La Francia è patria di rivoluzioni, di pensatori e di artisti che hanno cambiato il mondo.” Anche qui uso una frase famosa per dire che vi sono ragioni culturali e storiche oltre che convenienze politiche ed economiche per augurarci una via di uscita che consenta di mettere mano a quelle riforme che non affoghino il ceto medio e le classi meno abbienti, ma che permettano nello stesso tempo un risanamento graduale che possa tranquillizzare investitori internazionali e soprattutto ridare serenità e fiducia ai cittadini.
Questo non tanto perché lo chiede l’Europa quanto perché è necessario salvare la Francia dal dissesto finanziario e salvare la Francia dal dissesto politico. La Francia è troppo importante nello scacchiere europeo e internazionale (non dimentichiamo che la Francia è una potenza nucleare) e non dimentichiamo la particolare e speciale funzione che la Francia ha avuto ed ha nella costruzione dell’integrazione europea.
La prospettiva che la destra lepenista e putiniana guidi la Francia mi fa tremare i polsi. Al netto delle simpatie e delle antipatie che si possono avere nei confronti dei nostri cugini francesi, io penso che una prospettiva di stabilità politica e di risanamento finanziario senza salasso sociale debba essere nella speranza e nell’auspicio di tutti e, innanzitutto, nell’auspicio di un’Europa che non può privarsi di un componente fondamentale per poter competere sul piano internazionale in un mondo in cui, come vediamo ogni giorno, le sfide sono terribili e drammatiche.





