Esteri
L’Ue rafforza il controllo sugli investimenti esteri: scudo su tecnologie e infrastrutture strategiche
Di Giampiero Cinelli
L’Unione europea ha raggiunto un accordo politico per rivedere in profondità le regole sul controllo degli investimenti esteri diretti. L’obiettivo è rafforzare le difese del mercato unico ed evitare che tecnologie strategiche e infrastrutture critiche finiscano sotto il controllo di potenze ostili. L’intesa è stata annunciata dal Consiglio dell’Ue e rappresenta uno dei pilastri centrali della strategia di sicurezza economica voluta dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.
Le nuove norme prevedono che tutti gli Stati membri siano obbligati a monitorare in modo sistematico gli investimenti esteri e che le procedure di screening vengano ulteriormente armonizzate a livello europeo. L’accordo arriva a poco più di una settimana dalla presentazione, da parte di Bruxelles, di un nuovo pacchetto sulla sicurezza economica, di cui la riforma degli investimenti costituisce uno degli assi portanti.
Nel dettaglio, i Paesi dell’Ue dovranno sottoporre a controllo gli investimenti nei settori a duplice uso e nel comparto militare, oltre che in ambiti tecnologici sensibili come intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche e semiconduttori. Rientrano nel perimetro anche le materie prime, le infrastrutture energetiche, dei trasporti e digitali, nonché le infrastrutture elettorali, inclusi sistemi di voto e banche dati. A questi si aggiungono specifici servizi finanziari, che saranno anch’essi soggetti a screening da parte delle autorità nazionali.
Secondo Morten Bødskov, ministro danese per l’Industria, il Commercio e gli Affari finanziari, l’intesa raggiunta «garantisce un quadro equilibrato e proporzionato, concentrato sulle tecnologie e infrastrutture più sensibili, rispettoso delle prerogative nazionali ed efficiente sia per le autorità sia per le imprese». La riforma è stata una priorità della presidenza danese del Consiglio e ha richiesto tre cicli di negoziati politici tra Commissione, Parlamento e Stati membri.
Tra i nodi più delicati affrontati durante le trattative vi sono stati l’individuazione dei settori da sottoporre a controllo obbligatorio e il coordinamento tra capitali nazionali e Commissione europea nei casi più sensibili. Su quest’ultimo punto, nonostante le richieste del Parlamento, Bruxelles non avrà il potere di arbitrare eventuali controversie tra Stati membri: le decisioni finali sugli investimenti resteranno saldamente nelle mani dei governi nazionali.
Il relatore del Parlamento europeo sul dossier, Raphaël Glucksmann, ha definito l’accordo un passo avanti significativo: «Stiamo facendo progressi. Il risultato dei negoziati rafforza chiaramente la sicurezza dell’Ue e allo stesso tempo semplifica la vita agli investitori, armonizzando i meccanismi di screening degli Stati membri». Tuttavia, ha aggiunto, «resta ancora molto da fare per garantire che gli investimenti generino un reale valore aggiunto per l’Unione e che il nostro mercato non diventi un terreno di gioco per imprese straniere che sfruttano le nostre dipendenze tecnologiche». La Commissione, ha concluso, si è impegnata a intervenire e ora «deve agire rapidamente».





