Economia

Derby Germania-Olanda per comprare Borsa Italiana (che è inglese)

01
Agosto 2020
Di Redazione

Londra addio. Sono stati 13 anni bellissimi. Questo in sintesi il destino di Borsa Italiana, la società che gestisce Piazza Affari, una realtà con quasi 200 anni di vita (anno di nascita 1808), che la controllante London Stock Exchange (LSE) ha deciso di tentare di vendere (in tutto o in parte) per convincere l'Antitrust a dargli luce verde per l'acquisizione del gruppo Refinitiv, che si occupa di dati, analisi e infrastrutture per il mercato finanziario (cioé trading), attualmente di proprietà Blackstone (55%) e Thomson Reuters (45%). Quest'ultima controlla tra l'altro Reuters News

Fonti finanziarie indicano che i più interessati a Borsa Italiana sarebbero Deutsche Borse ed Euronext. Ma di che grande acquisto stiamo parlando? Si tratta di una bella cifra: un'operazione attorno ai 27 miliardi di dollari. 

LSE ha reso pubblici i dati semestrali, con un aumento dei ricavi a 1,05 miliari di sterline (+4%), con un utile netto di 261 milioni. "Il gruppo ha fornito una buona performance finanziaria e dimostrato resilienza operativa", il commento del Ceo, David Schwimmer.

Intanto LSE ha già iniziato "colloqui esplorativi" che potrebbero portare alla cessione di MTS, la piattaforma di Borsa Italiana che gestisce il mercato dei titoli di Stato, o l'intera società.

Diamo anche uno sguardo per capire dove andremo. L'olandese Euronext è molto più grande di Deutsche Borse e capitalizza oltre il doppio. Dunque sulla carta gli Orange sarebbero favoriti sui Tedeschi. E c'è anche una curiosità sulla tempistica: LSE avrebbe intenzione di chiudere prima di fine anno, per montare in sella a Refinitiv a inizio 2021 e iniziare a galoppare.

Intanto Unimpresa rileva che per quanto riguarda le società per azioni presenti a Piazza Affari, il valore complessivo è crollato di 101,5 miliardi (-20,07%), dai 506,1 miliardi del 2019 ai 404,5 miliardi del 2020. Il primato nell'azionariato, nonostante il calo, spetta agli investitori esteri detentori del 47,69% delle quote, in netta diminuzione dal 51,74% del 2015 e in calo anche rispetto al 48,69% del 2019. Nella speciale classifica, seguono le imprese col 26,96% (era il 25,37% nel 2019), le banche col 10,87% (era il 10,51%), le famiglie con il 7,59% (era il 9,37%), lo Stato col 5,39% (era il 4,48%), le assicurazioni e i fondi pensione con lo 0,81% (era lo 0,75%); quote minoritarie sono riconducibili alle amministrazioni locali (0,58%) e agli enti di previdenza (0,10%). Gli azionisti esteri, si legge ancora nello studio di Unimpresa, hanno "perso" o "ceduto" 53,5 miliardi (-21,71%) da 246,4 miliardi a 192,9 miliardi, le imprese hanno 19,3 miliardi in meno (-15,06%) da 128,4 miliardi a 109,07 miliardi, mentre le famiglie hanno perso 16,6 miliardi (-35,21%) da 47,4 miliardi a 30,7 miliardi. Bilancio negativo, poi, anche per le banche con un calo delle quote di spa quotate pari a 9,2 miliardi (-17,38%) da 53,2 miliardi a 43,9 miliardi. Inoltre, Unimpresa evidenzia che vanno giù le quote di assicurazioni e fondi pensione di 520 milioni (-13,64%) da 3,8 miliardi a 3,2 miliardi. Le quote in mano allo Stato centrale sono calate di 864 milioni (-3,81%); variazione negativa anche per quelle delle amministrazioni locali, scese di 1,1 miliardi (-33,63%) da 3,5 miliardi a 2,3 miliardi; negativo il saldo anche per le quote degli enti di previdenza, calate di 234 milioni (-37,08%) da 631 milioni a 397 milioni.

All'alba della Brexit l'operazione di vendita da parte di LSE farà sì che Borsa Italiana possa rimanere comunque a pieno titolo di una proprietà con sede nell'Unione europea. Miracoli da trader.

 

 

Paolo Bozzacchi  

 

 

 

Photo credits: Valore Azioni

 

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