Economia

Mes, la Camera non si impegnerà a ratificarlo. Cosa spinge questa decisione

01
Dicembre 2022
Di Giuliana Mastri

Giuridicamente non in maniera eccessiva ma politicamente ha un peso specifico importante. Ieri la Camera ha approvato una mozione che impegna il governo a non ratificare il Trattato di riforma del Mes, anche detto “Fondo Salva Stati”. La mozione di maggioranza è stata approvata dall’Aula di Montecitorio con 164 voti a favore e 138 contrari. Respinti gli altri documenti dell’opposizione.

Dalla mozione si legge che sul Mes il governo italiano è impegnato “a non approvare il disegno di legge di ratifica alla luce dello stato dell’arte della procedura di ratifica in altri Stati membri e della relativa incidenza sull’evoluzione del quadro regolatorio europeo”.

Asse Roma-Berlino

Dei 19 Paesi dell’area euro all’appello ne mancano due. E sono Italia e Germania. I quali, stavolta, chiaramente mostrano una celata volontà di convergere. Non è azzardato infatti pensare, che se la Corte Costituzionale tedesca, in attesa di pronuncia, dovesse esprimere un parere negativo, anche l’Esecutivo di Giorgia Meloni rimarrà saldo sul no, ignorando le pressioni che già arrivano da Bruxelles: «Confidiamo che l’Italia adempia al proprio impegno politico. Il confronto con il nuovo governo italiano è iniziato molto bene, siamo molto fiduciosi che rimarrà positivo», è stato detto da fonti istituzionali in vista dell’Eurogruppo di lunedì.

Riannodiamo il filo

Il Fondo Salva Stati (per la precisione European Stability Mechanism) entrato in vigore nel 2012 è uno strumento finanziario utile a fornire liquidità agli Stati membri che si trovino in situazione di forte crisi. Ed è noto che non goda di grande fama. Non solo perché pone la nazione che ne fa richiesta in una prolungata posizione debitoria, ma anche perché all’attivazione del meccanismo si accompagna un piano di riforme e di aggiustamenti macroeconomici controversi. Un caso di studio è stato proprio quello della Grecia, che tecnicamente non ha fatto default e non è dovuta uscire dall’euro, ma ha dovuto far fronte a degli impegni gravosi e impopolari. La riforma del Mes (che comprende anche il Backstop, ovvero che una quota del Mes possa essere utilizzata nelle procedure europee di salvataggio bancario) è stata approntata nel 2019, approvata nel 2020 e siglata a gennaio 2021. Per l’entrata in vigore definitiva della riforma serve però il voto del Parlamento. Questo, a quanto pare, non arriverà.

Gli umori, le valutazioni

Nonostante l’assenso dell’Esecutivo di allora, anche Giuseppe Conte non era favorevole all’utilizzo pratico del Mes, così come si sono mostrate distanti sia la Spagna che il Portogallo. Il premier tra l’altro non giudicava abbastanza certe e convenienti le promesse di una linea di credito aggiuntiva destinata alla spesa sanitaria per la pandemia, che sarebbe stata erogata a tassi bassissimi e senza oneri. Questa possibilità non figurava nel Trattato originario, di conseguenza erano comunque paventate le riforme da associare. Motivi analoghi generano titubanza anche di fronte al Trattato riformato da ratificare. Il nuovo testo prevederebbe un finanziamento più agevole e con minori richieste per quelle nazioni che rispettano i parametri di Maastricht. Oggi però è difficile che un Paese vi rientri. Inoltre, ad una lettura più attenta gli addetti ai lavori avevano evidenziato che chi non è “in regola” potrebbe paradossalmente non vedere approvati i finanziamenti o averli con un monitoraggio rafforzato, andando verso la possibile ristrutturazione del debito. Ma c’è un’altra ragione cardine che spinge gli Stati a mettere in un angolo il Mes: l’esposizione, fronte Ue, con il Recovery Fund. L’Italia per 250 miliardi, impegnata a realizzare un piano molto vantaggioso ma anche pieno di condizioni.