Economia
Bce, la riunione di dopodomani non dovrebbe avere novità sui tassi
Di Giampiero Cinelli
La riunione della BCE del 18 dicembre rischia di somigliare a una classica cena di Natale in famiglia. Il clima sarà animato, le conversazioni anche vivaci, talvolta controverse, ma senza che si arrivi davvero allo scontro. Come i regali sotto l’albero, l’aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche dell’Eurotower sarà atteso con aspettative diverse: qualcuno ne resterà soddisfatto, altri meno, e non mancherà chi finirà per ignorarlo del tutto.
Al di là delle metafore stagionali, gli sviluppi dall’ultima riunione di ottobre non offrono motivi solidi per ipotizzare una modifica dei tassi. È vero che la crescita del PIL nel terzo trimestre è stata più robusta del previsto, ma gli indicatori di fiducia continuano a segnalare un’economia resiliente senza reali cambiamenti strutturali. I fondamentali dell’Eurozona restano sostanzialmente invariati: i dazi statunitensi continuano a pesare sulle esportazioni, gli investimenti restano frenati dall’incertezza e le prospettive di crescita per il 2026 dipendono ancora in larga parte dagli stimoli fiscali tedeschi. Sul fronte dei prezzi, l’inflazione si è attestata lievemente sopra le attese, ma il rinvio dell’entrata in vigore del nuovo sistema europeo di scambio delle emissioni (ETS2) dovrebbe spostare in avanti di circa 0,2 punti percentuali l’impatto inflazionistico, dal 2027 al 2028.
In questo quadro, le ragioni per rivedere l’attuale orientamento di politica monetaria appaiono limitate. La BCE potrà quindi ribadire di trovarsi in una «buona posizione», senza introdurre correzioni significative.
Un elemento centrale della riunione sarà la nuova tornata di proiezioni macroeconomiche. Nonostante Isabel Schnabel abbia sostenuto, all’inizio di dicembre, che rispetto a settembre i rischi su crescita e inflazione si siano spostati verso l’alto, è difficile immaginare che questa valutazione trovi pieno riscontro nei numeri ufficiali. La traiettoria di crescita di lungo periodo, fissata allo 0,3% trimestrale nel 2026 e nel 2027, appare destinata a restare invariata. Sul fronte dell’inflazione, è possibile un lieve ritocco al rialzo per il 2026 rispetto all’1,7% stimato a settembre, mentre per il 2027 è più probabile una revisione al ribasso proprio a causa del rinvio dell’ETS2. Con entrambe le proiezioni comunque al di sotto del 2%, resta complicato parlare di rischi inflazionistici concreti.
L’intervista rilasciata da Schnabel a Bloomberg ha sorpreso per il tono marcatamente restrittivo, soprattutto quando ha dichiarato di condividere le aspettative del mercato su un futuro rialzo dei tassi, senza però indicarne la tempistica. È una posizione che difficilmente emergerà dalle nuove proiezioni e che appare in contrasto con i verbali di ottobre, dove il baricentro del dibattito sembrava spostato verso le posizioni più accomodanti. Il quadro che ne deriva è quello di una BCE attraversata da divergenze, non da una convergenza di vedute, e in cui la stabilità dei tassi rappresenta il compromesso più praticabile. Non a caso, è probabile che Christine Lagarde eviti di fornire indicazioni prospettiche o valutazioni puntuali sui rischi per l’inflazione nel corso della conferenza stampa del 18 dicembre.
Guardando oltre l’appuntamento di dicembre, lo scenario di base resta quello di tassi fermi nel breve periodo. I commenti di Schnabel non sembrano riflettere l’orientamento della maggioranza del Consiglio direttivo. Con un’inflazione prevista sotto il 2% per i prossimi tre anni, eventuali interventi futuri appaiono più compatibili con tagli, non con rialzi, almeno fino alla tarda primavera del prossimo anno. In seguito, la finestra per una politica monetaria più espansiva potrebbe chiudersi, soprattutto se uno stimolo fiscale sul lato dell’offerta dovesse riaccendere le pressioni sui prezzi. Ma si tratta di uno scenario che guarda al 2027, non al 2026.
A margine del dibattito economico, non mancano le indiscrezioni. La disponibilità manifestata da Schnabel a succedere a Lagarde ha riacceso il tradizionale gioco delle sedie, ma i Trattati europei sono piuttosto chiari: i membri del Comitato esecutivo della BCE, presidente e vicepresidente inclusi, sono nominati per un solo mandato non rinnovabile. In passato si discusse della possibilità che Christian Noyer subentrasse a Jean-Claude Trichet, ma allora il contesto era diverso, perché i membri del Comitato erano stati nominati in modo graduale e Noyer non aveva completato un mandato pieno. Oggi, sostenere una distinzione tra membri “ordinari” e presidenza per aggirare il dettato dei Trattati appare poco realistico, oltre che politicamente discutibile.





