Cultura

Sacharov 2025 ai giornalisti Poczobut e Amaglobeli: l’Europa dà voce a chi non può parlare

16
Dicembre 2025
Di Ilaria Donatio

Il Premio Sacharov 2025, il più alto riconoscimento che l’Unione europea dedica alla libertà di pensiero, quest’anno porta al centro dell’Aula di Strasburgo due nomi che l’Europa considera simboli di resistenza civile: Andrzej Poczobut e Mzia Amaglobeli, giornalisti coraggiosi che lottano per la libertà e la democrazia in Bielorussia e Georgia. Entrambi sono in carcere nei loro Paesi, impossibilitati a ritirare il premio che il Parlamento europeo conferisce a chi difende i diritti umani pagando un prezzo personale altissimo.

A Roma, nella sede di Esperienza Europa – David Sassoli, istituzioni, attivisti e giornalisti hanno seguito la cerimonia in collegamento con Strasburgo, trasformando l’assenza fisica dei premiati in un messaggio politico: la loro voce, oggi, parla attraverso l’Europa.

L’evento è stato aperto dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha ricordato come la difesa dei diritti fondamentali non sia solo un impegno politico, ma un elemento radicato nella cultura europea. «Il Premio Sacharov ha un grande significato perché difendere i diritti umani è parte integrante della nostra identità europea», ha detto, richiamando la tradizione dell’umanesimo come elemento che unisce «mezzo miliardo di persone». Tajani ha rimarcato che l’Europa resta «l’unico continente al mondo senza la pena di morte», un principio che considera indicativo del valore attribuito alla dignità umana. Dal palco ha anche affrontato il dossier ucraino, parlando di «passi in avanti» nelle trattative e auspicando che si possa «arrivare a un cessate il fuoco» e, se possibile, a una svolta per Natale. Ha precisato che sulle questioni territoriali «saranno gli ucraini a dover dire la loro opinione», ribadendo però che serve «una pace giusta e duratura» e che le recenti garanzie americane «vanno nella giusta direzione» perché l’Ucraina, Paese aggredito, «non può essere penalizzato né nella guerra né nella conclusione della pace».

Subito dopo è intervenuto il sottosegretario all’editoria Alberto Barachini, che ha spostato l’attenzione sulla libertà di informazione in Italia alla luce delle recenti polemiche con l’ambasciata russa. «Gli attacchi a due testate storiche del nostro Paese vanno rimandati al mittente con grandissima forza», ha affermato, riferendosi alle critiche rivolte a La Stampa e a Repubblica. Ha parlato apertamente di «tentativo di ingerenza» e di «condizionamento della stampa italiana», assicurando che il governo «sarà sempre a difesa della libertà d’opinione» e del pluralismo delle voci nel dibattito pubblico.

Dal collegamento con Strasburgo, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha riportato il focus sui due giornalisti incarcerati, definendosi «orgogliosa che il premio quest’anno sia andato a due giornalisti in prigione per le loro idee». Ha parlato di «tenacia» e «coraggio», ricordando che, nonostante i tentativi di metterli a tacere, «le loro voci continuano a risuonare in tutta Europa». Metsola ha ribadito che il Parlamento continuerà a chiedere la loro liberazione e ha indirizzato un messaggio diretto ai cittadini dei loro Paesi: «Ai bielorussi dico che non li lasceremo mai soli. Ai georgiani ribadisco che ci batteremo sempre perché la Georgia rimanga vicina all’Unione europea».

Il filo che ha unito Roma e Strasburgo è stato il significato politico del premio: non solo un riconoscimento individuale, ma un atto di pressione internazionale verso regimi che reprimono la libertà di stampa. Nel giorno in cui l’Eurocamera ricorda il valore dei diritti umani, l’assenza fisica dei premiati diventa presenza politica, ricordando all’Europa che la libertà di pensiero resta un terreno da difendere, ogni giorno, dentro e fuori i propri confini.

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