Ambiente
Riciclo, il report Assoambiente. Italia alla prova della sfida globale
Di Giampiero Cinelli
«Dobbiamo ricordarci che siamo messi bene, nonostante i rallentamenti. La produzione delle materie prime secondarie da rifiuti urbani e speciali è consolidata. Sono pochi ornai i rifiuti urbani e speciali che non possono essere riciclati». Ha esordito così Chicco Testa, Presidente di Assoambiente, nelle considerazioni finali al convegno “L’Italia che ricicla”, svolto oggi a Roma nella sede dell’Associazione Civita, per presentare il report sulla filiera del riciclo in Italia e in Europa.
Se ci sono dei problemi, Chicco Testa li ha individuati nella «debolezza dell’apparto industriale europeo» e nel gap di competitività nei confronti di Paesi come ad esempio la Cina, che «prepara e raffina il 60% di tutto il rame (e quasi il 100% della grafite). I cinesi sono più bravi di noi nella raffinazione. Ma ho appreso che per quanto riguarda i rapporti economici di Pechino con l’Africa, certamente rilevanti, tuttavia il suo controllo sulle materie prime del Continente non è così esteso».
Dunque secondo il Presidente di Assoambiente i margini per giocare la partita ci sono, ma le difficoltà aumentano quando l’Europa si pone da sé dei paletti stringenti, come per l’Automotive, e delle tabelle di marcia dure da rispettare senza lasciare agli agenti privati la libertà di interpretare il processo di transizione.
Innanzi tutto sono due le proposte inderogabili, a detta di Testa, per rilanciarsi: l’obbligo di utilizzare una quota di materiale riciclato anche nel settore privato e la differenziazione fiscale a seconda dei comparti. Il settore del riciclo avrebbe bisogno di un trattamento diverso per essere performante, così da favorire la creazione di nuovi impianti. L’attuale numero in Italia non basta.
Il Rapporto ha evidenziato che in Italia il tasso di circolarità dei materiali ha subito una leggera flessione, da circa il 22% al 18,7% nel 2022, facendo guadagnare alla Francia un +0,6% sul nostro Paese, che storicamente condivide con Parigi il primato nel tasso di circolarità, superiore anche alla media Ue.
Le cause dell’abbassamento sono da ravvisare essenzialmente in dinamiche di mercato. Le materie prime riciclate, dopo la pandemia, sono divenute meno convenienti di alcune nuove materie prime vergini che ora si usano. Con la forte concorrenza della Cina sulle materie rare. In questo contesto è aumentata in Italia la quota di estrazione di nuove materie (+5,5% nel 2023 rispetto al 2019) e sale il consumo di materie all’interno del Paese, parallelamente sono calati gli investimenti italiani nell’economia circolare.
Forte anche il disavanzo nel saldo import-export di materiale riciclato (0,3 milioni esportati contro 8,4 milioni importati nel 2023). I flussi in uscita sono diretti principalmente verso Turchia, India, Cina. Ben 8 milioni le tonnellate di materie prime seconde che l’Italia acquista dall’estero, ma nel Rapporto si evidenzia che lo spazio per soddisfare questa domanda internamente ci sarebbe. Allo stesso tempo, comunque, può essere da non sottovalutare la stessa quota di materiale riciclato che viene venduto all’estero. Nonostante rappresenti un introito, esperti del settore credono che ciò induca a domandare maggiori materie estratte all’estero.
Come detto all’inizio, l’Italia deve confrontarsi con dinamiche complesse ma sul settore riciclo è ancora protagonista in Europa. Nel 2021 era al primo posto per incidenza del valore aggiunto sul Pil nazionale legato all’economia circolare e per numero di occupati nell’ambito, rispetto a Francia, Germania e Spagna.
Sono intervenuti nell’evento personalità politiche europee, sottolineando che il versante del recupero dei materiali è assolutamente un tema centrale della nuova legislatura europea e anzi con l’insediamento della Commissione potrebbe rafforzarsi, puntando a invertire lo squilibrio dei costi che al momento va a vantaggio delle materie prime vergini. Nel 2025 dovrebbe entrare nel vivo l’iter del Circular Economy Act europeo, che darebbe un grande impulso alla decarbonizzazione. In questo senso le misure fiscali sono centrali. Contemporaneamente bisogna cercare di tenere il più possibile all’interno dell’Europa lo sfruttamento e l’uso delle materie prime critiche, con l’auspicio di controllare meglio l’oscillazione dei prezzi e limitando l’esportazione di acciaio e alluminio.
L’eurodeputata Alessandra Moretti del Pd, in collegamento da Strasburgo, ha detto che il suo gruppo è favorevole al Circular Economy Act e che c’è attesa per l’implementazione dell’atto sull’Ecodesign (anche il design dei prodotti influisce sull’efficacia del riciclo) molto importante per il tessile e per i cosmetici italiani. Moretti si è augurata che il testo europeo sull’economia circolare non rappresenti un rallentamento del percorso e, se sarà fatto bene, «sarà una svolta», con ulteriori obiettivi da rispettare per il settore del riciclo, che l’eurodeputato ha giudicato positivamente, nell’ottica generale del completamento del mercato unico europeo dei prodotti riciclati.