Ambiente

Il mondo brucia ma le ricette contro il climate change esistono

13
Febbraio 2024
Di Ilaria Donatio

In base ai dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, l’anno scorso in Italia si sono verificati 118 casi di alluvioni da piogge intense, 82 casi di danni da trombe d’aria e raffiche anomale di vento, 39 di danni da grandinate, 35 esondazioni fluviali che hanno causato danni, 26 danni da mareggiate, 21 danni da siccità prolungata, 20 casi di temperature estreme in città, 18 casi di smottamenti causati da piogge intense e 16 eventi con danni alle infrastrutture.

Quanto al resto del mondo, il caldo ha “bruciato” l’Iran e la Cina, la Grecia e la Spagna, il Texas e il Sud America. Il Canada ha attraversato la stagione di incendi più distruttiva mai registrata, con oltre 45 milioni di acri bruciati. Intorno alle coste dell’Antartide, sia in estate che in inverno, si è formato meno ghiaccio marino di quanto mai misurato.

L’anno più caldo
Tutto questo è accaduto nel 2023, a detta degli esperti, di gran lunga l’anno più caldo sulla Terra nell’ultimo secolo e mezzo. Il Copernicus Climate Change Service, presentando i dati del rapporto Global Climate Highlights 2023 elaborati dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine della Commissione europea, ha certificato che, in media, l’anno scorso le temperature in tutto il mondo sono state di 14,98 gradi Celsius: una media considerevolmente superiore – di 0,60° C – rispetto a quella del periodo compreso tra il 1991 e il 2020.

Una soglia che lasciava già presagire quello che è accaduto a gennaio di quest’anno, il “mese più caldo di sempre” – dicono gli scienziati del clima – in cui è stata superata si è superata la soglia di 1,5° C oltre il livello preindustriale, indicata come la prima soglia di sicurezza da non superare nell’Accordo di Parigi. In particolare, lo scorso mese è stato 3 gradi Fahrenheit (1,66 gradi Celsius) più caldo rispetto alla fine del 1800, la base per le temperature prima della combustione dei combustibili fossili.

Gli scienziati del clima ne attribuiscono la causa a una combinazione di riscaldamento causato dall’uomo derivante dalla combustione di combustibili fossili e al riscaldamento naturale (ma temporaneo) di El Nino di parti del Pacifico, affermando tuttavia che i gas serra hanno un ruolo molto più importante della natura. Questo, infatti, è il periodo dell’anno in cui il riscaldamento dovuto a El Nino spesso raggiunge il picco, ha affermato Andrew Dessler, scienziato del clima della Texas A&M University, interpellato da Associated Press.

L’Accordo di Parigi
Con l’Accordo del 2015, le nazioni avevano concordato di fermare il surriscaldamento globale a lungo termine entro i 2 gradi Celsius e, se possibile, a 1,5 gradi, ma con i livelli attuali di emissioni di gas serra ci vorranno solo pochi anni prima che l’obiettivo di 1,5 gradi sia una causa persa, dicono i ricercatori.

Per gli scienziati del clima non è sorprendente che le emissioni continue di gas serra abbiano spinto il surriscaldamento globale a nuovi massimi. Quello che si sta ancora cercando di capire è se questi numeri siano un segnale che il surriscaldamento del pianeta sta accelerando e se avrà un andamento lineare.

Il mondo rischia 14 milioni di morti
Secondo un report del World Economic Forum, diffuso a Davos il 16 gennaio, il climate change può causare perdite economiche per 12.500 miliardi di dollari e 14,5 milioni di morti entro il 2050. Ovviamente concentrati nei paesi più poveri e tra gli strati di popolazione più vulnerabili: la crisi climatica, quindi aggraverà le disuguaglianze globali.

Il rischio più elevato, in termini di mortalità è rappresentato dalle alluvioni: secondo lo studio, potrebbero causare 8,5 milioni di decessi entro il 2050. Poi c’è la siccità, indirettamente collegata al caldo estremo, è la seconda causa di mortalità (3,2 milioni di morti). 

Infine, è stato calcolato il costo economico: quello maggiore è relativo alle ondate di calore: 7.100 miliardi di dollari bruciati a causa della perdita di produttività che questi eventi possono causare.

Malattie tropicali
Le temperature più calde aumenteranno in modo catastrofico le malattie sensibili al clima, come quelle trasmesse dalle zanzare: malaria, dengue e Zika saranno trasmesse anche in zone temperate e meno colpite come Europa e Stati Uniti. L’analisi si basa sugli scenari sviluppati dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).

Cosa deve fare la politica
L’Ipcc nel suo gigantesco rapporto che comprende l’intera gamma di conoscenze umane sul sistema climatico, ha evidenziato alcune misure chiave che i governi devono adottare immediatamente se vogliamo evitare il collasso del clima. 

La prima misura è un taglio netto agli inquinanti climatici di breve durata, a partire dal metano (un gas serra circa 80 volte più potente dell’anidride carbonica), che potrebbe ridurre di oltre mezzo grado il surriscaldamento globale. La seconda è bloccare la deforestazione. L’abbattimento delle foreste pluviali distrugge alcuni dei più grandi serbatoi di assorbimento del carbonio.

Il terzo punto citato dall’Ipcc è restituire i territori alla natura. Le foreste sono importanti, ma molti altri ecosistemi naturali, come le zone umide che vengono prosciugate per l’agricoltura, lo sono altrettanto. Il quarto punto è cambiare l’alimentazione e l’agricoltura. Nutrire la futura popolazione mondiale utilizzando gli attuali sistemi alimentari sarà impossibile, mentre il passaggio a una dieta più sostenibile, ricca di verdure e povera di carne e latticini, potrebbe contribuire moltissimo al rallentamento della crisi climatica.

Poi ci sono le fonti pulite da sfruttare al massimo, come le energie rinnovabili e l’efficienza energetica nei consumi domestici, nell’industria e nei trasporti è un’altra misura chiave. Infine, c’è smettere completamente di bruciare carbone.

L’ottavo punto, last but not least, è mettere il clima al centro di tutti i processi decisionali.