Ambiente

Extraprofitti ed extrapolemiche

24
Maggio 2022
Di Luca Grieco

Il Decreto Aiuti – l’ultima misura approvata dal Governo per sostenere famiglie e imprese a seguito, soprattutto, dei rincari energetici – ha avuto un iter travagliato. Il Consiglio dei Ministri lo ha approvato lo scorso due maggio ma da quel momento, fino a martedì 17 maggio, non ve n’è stata traccia. Si tratta di un Decreto importante, che vale circa 14 miliardi di euro e che reca una serie di misure che hanno fatto molto discutere. L’attesa per la pubblicazione del testo ufficiale è stata molto percepita, anche perché nei giorni successivi si sono accavallate dichiarazioni del Ministro dell’Economia e del Ministro della Transizione ecologica, che facevano riferimento, in particolare, a delle disposizioni senza che vi fosse, poi, la possibilità di leggere nero su bianco quello che si professava. Tra queste, una delle più discusse è stata la tassazione sugli extraprofitti. Ad onor del vero, il DL Aiuti prevede l’inasprimento della stessa tassa, che era già stata immaginata con il DL Taglia-prezzi. Ma in cosa consiste? 

Il Governo ha deciso – al fine di alimentare economicamente le misure di sostegno rivolte soprattutto a chi è stato messo in difficoltà dalla crisi energetica – di tassare del 25 per cento gli incrementi superiori ai 5.000.000 di una serie di operatori. Le imprese interessate sono quelle che producono, rivendono o importano energia elettrica, gas naturale e prodotti petroliferi. La ratio alla base della tassa è una ridistribuzione dei proventi che – secondo il legislatore – hanno generato, appunto, un extraprofitto sulla base dei prezzi energetici inusuali. 

Com’è facile immaginare, la misura voluta in maniera così decisa dal Governo Draghi ha fatto sì che si sollevassero polemiche dalle Associazioni di riferimento: “Per le associazioni l’intervento, così come è stato concepito, finisce per impattare sui ricavi, con ricadute irragionevoli ed estremamente pesanti sugli utili ordinari e la capacità di investimento delle aziende. In questo modo, oltre a quello economico, si genera un danno reputazionale per il sistema Paese agli occhi degli investitori, soprattutto esteri per l’assoluta e perdurante incertezza regolatoria”, questo quello che scrivono Utilitalia, Elettricità Futura, Proxigas, ANEV ed Energia Libera.

I DUBBI MAGGIORI
Ciò che chiedono le imprese, in altre parole, è un confronto con il Governo per intervenire su una misura percepita, pur tenendo conto del contesto emergenziale di riferimento, come “mal formulata” e  “punitiva”. Sebbene il settore energy riconosca la correttezza degli intenti, secondo gli stakeholder interessati tale volontà positiva non si sarebbe tradotta in una norma adeguata. Il numero uno di Edison, Nicola Monti, ritiene si tratti di «una tassa sul fatturato, non una tassazione sugli extraprofitti» e, a fargli eco, ma sul tema della correttezza regolatoria, è Paolo Merli, CEO di Erg: «se vogliamo dare impulso alla transizione energetica in Italia è necessario ridurre la percezione del rischio regolatorio e non incrementarla». 

In buona sostanza, sono due le criticità su cui c’è richiesta di intervento: da un lato la metodologia utilizzata, ritenuta discriminatoria e penalizzante, mentre, dall’altra parte, preoccupa la certezza regolatoria (soprattutto in virtù del paragone con l’estero). Il rischio, neppure tanto velato, è che gli attori interessati decidano di procedere per vie legali. Bisognerà attendere, a questo punto, la risposta – se ci sarà – delle istituzioni. 

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