Al via Atreju, l’ultima vera festa di partito rimasta in Italia. E già questo, in un’epoca in cui la politica sembra vivere più nei feed social che nelle piazze reali, è un fatto degno di nota.
La kermesse di Fratelli d’Italia si è trasformata, nel tempo, da appuntamento di nicchia della destra giovanile post-MSI a grande palcoscenico della politica nazionale e internazionale. E oggi, che FdI è partito di governo e Giorgia Meloni siede a Palazzo Chigi, Atreju diventa la piattaforma perfetta per rilanciare l’azione dell’esecutivo, fare il punto con la base e mandare qualche messaggio agli alleati e agli avversari.
Il titolo scelto per questa edizione è “Sei diventata forte”, chiaro riferimento all’Italia e al tentativo di trasmettere un messaggio di orgoglio nazionale e di fiducia nel cammino compiuto dal governo negli ultimi tre anni.
È una frase che gioca anche con l’identità politica di Meloni: una leader che, in un sistema attraversato da una lunga instabilità, ha saputo costruire un percorso solido e che continua a godere di un consenso invidiabile. Il “tornare” richiama l’idea di un’Italia che si è rialzata, che ha recuperato centralità, sia nel contesto internazionale sia nel proprio equilibrio politico interno.
Atreju rappresenta, in questo senso, una di quelle rare occasioni in cui la politica recupera un volto tridimensionale. Un luogo fisico in cui si parla, ci si incontra, si stringono mani e si fanno accordi.
Un rito collettivo, dal sapore quasi novecentesco, che però continua ad avere una sua funzione anche nel tempo delle dirette streaming. Perché i partiti, al netto della modernità, restano comunità politiche. E le comunità hanno bisogno di simboli, di raduni, di parole d’ordine e anche di retorica.
In un Paese dove le feste di partito si sono progressivamente spente – basti pensare al simulacro delle Feste dell’Unità – Atreju è sopravvissuta e si è rafforzata. Forse proprio perché ha saputo adattarsi, diventando sempre meno ideologica e sempre più centrata sulla narrazione di governo.
È un appuntamento in cui Fratelli d’Italia non solo ribadisce la propria identità, ma prova a parlare a un pubblico più ampio, con ospiti trasversali, ministri, intellettuali, e, quest’anno, forse anche qualche sorpresa di nome Elly Schlein o Giuseppe Conte, qualora si mettessero d’accordo.
È anche un termometro utile per capire i rapporti interni alla maggioranza: quali ministri si prendono più applausi, quali interventi vengono più rilanciati, quali tensioni affiorano tra le righe. E sarà inevitabilmente il luogo in cui Meloni inizierà a costruire l’ultima parte della legislatura. La legge di bilancio è stata consegnata, le riforme istituzionali e forse quella della legge elettorale sono pronte a entrare nella fase decisiva, il referendum sulla giustizia è alle porte.
Atreju, con la sua estetica un po’ vintage e la sua forza simbolica, è il trampolino perfetto per consolidare la narrativa: quella di un governo che resiste, di una Premier che rilancia, di un partito che vuole continuare a giocare da protagonista.





