Economia

Svimez, il Pnrr spinge la crescita del Sud, ma l’emigrazione dei laureati continua

27
Novembre 2025
Di Giampiero Cinelli

Il Rapporto SVIMEZ 2025 restituisce l’immagine di un Sud più dinamico e più reattivo del resto del Paese, grazie a un ciclo di investimenti pubblici straordinario e all’eredità espansiva del Pnrr. Il Mezzogiorno cresce più del Centro-Nord sia nel triennio 2021-2024 sia nel biennio 2025-2026, ma questa traiettoria non riesce a tradursi in un consolidamento demografico e nella stabilizzazione dei lavoratori qualificati: l’emigrazione dei giovani laureati resta infatti il principale fattore di erosione del capitale umano meridionale.

Gli indicatori di crescita e il ruolo degli investimenti pubblici
Le stime SVIMEZ indicano per l’Italia un percorso di espansione moderata ma in miglioramento: +0,5% nel 2025, +0,7% nel 2026, +0,8% nel 2027. In questo quadro il Sud mostra performance migliori: +0,7% nel 2025 e +0,9% nel 2026, sostenuto dal picco dei cantieri Pnrr e dalla chiusura dei programmi di coesione 2014-2020. Tra 2021 e 2024 il Pil meridionale cresce dell’8,5% contro il +5,8% del Centro-Nord, trainato da servizi (+7,8%) e costruzioni (+32%, contro +24% nel resto del Paese). Determinante la domanda pubblica: nel biennio 2025-2026 dovrebbe valere 1,7 punti di Pil nel Mezzogiorno, più del doppio rispetto al Centro-Nord. A rafforzare la dinamica anche la ripresa del turismo, delle attività immobiliari, finanziarie e professionali, alimentate dalla nuova progettualità attivata dagli investimenti europei.

La fragilità strutturale del mercato del lavoro
Accanto ai segnali di crescita, il rapporto mette in luce un paradosso evidente: sei nuovi occupati under 35 su dieci nel Mezzogiorno sono laureati, ma il settore che assorbe più forza lavoro resta il turismo, con oltre 36mila nuovi addetti a bassa specializzazione. Ne deriva un crescente disallineamento tra formazione e sbocchi occupazionali. Sul fronte retributivo, tra il 2021 e il 2024 i salari reali perdono al Sud oltre il 10% del potere d’acquisto (-8,2% nel Centro-Nord), facendo aumentare la quota di lavoratori poveri: 1,2 milioni solo nel Mezzogiorno, con un tasso di in-work poverty del 19,4% (contro 6,9% nel Centro-Nord). La povertà assoluta raggiunge il 10,5%, con circa 100mila nuovi poveri in un anno e un’incidenza che tra le famiglie in affitto sfiora un quarto del totale.

Il nodo cruciale del capitale umano e della mobilità giovanile
Nonostante la crescita degli atenei meridionali e la riduzione della migrazione prima della laurea, il Sud continua a perdere ogni anno oltre 40mila giovani che si trasferiscono al Centro-Nord, mentre altri 37mila laureati italiani emigrano all’estero. SVIMEZ calcola che dal 2000 al 2024 il Mezzogiorno abbia perso 132 miliardi di euro di capitale umano formato grazie a investimenti pubblici che non generano ritorni sul territorio. La migrazione dei più qualificati lascia nel Sud un mercato del lavoro sbilanciato: chi parte cerca opportunità coerenti con il proprio percorso, chi resta alimenta la crescita dei comparti meno innovativi.

Energia, ZES e capacità amministrativa: segnali di forza di lungo periodo
Il rapporto rileva tuttavia alcuni elementi strutturali in controtendenza: nel 2024 il Sud copre il 115% dei consumi con energia rinnovabile, generando un saldo verde positivo. L’88% delle richieste di connessione in fase avanzata – 70,6 GW su 80,3 – riguarda il Mezzogiorno, confermando la centralità dell’area nella transizione energetica. La ZES Unica accelera i processi autorizzativi, portando a 687 le autorizzazioni uniche tra marzo 2024 e giugno 2025, per 3,7 miliardi di investimenti. È un segnale di capacità amministrativa crescente che può tradursi, se consolidato, in un rafforzamento dell’attrattività territoriale.

Un Sud che cresce, ma che rischia di crescere senza i suoi giovani
Il messaggio complessivo del Rapporto SVIMEZ 2025 è duplice: il Pnrr ha avuto un impatto significativo sulla crescita meridionale, colmando parte del divario con il resto del Paese e generando un’espansione economica più robusta della media nazionale. Al tempo stesso, però, la qualità delle opportunità lavorative, la stagnazione salariale e la debolezza dei settori a maggiore intensità di conoscenza continuano a rendere l’emigrazione una scelta obbligata per molti giovani. Senza un salto di qualità nella domanda di competenze e nella struttura produttiva, il Sud rischia di non capitalizzare il ciclo di investimenti più imponente degli ultimi decenni, vedendo partire proprio quella generazione che potrebbe trasformare la ripresa in sviluppo.