Ci sono i trentatré minuti e rotti di quell’instant classic che fu La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria, con gli inserti poetici di Vinicius de Moraes, la sottigliezza chitarristica di Toquinho, gli arrangiamenti di Gianfranco Bardotti e gli adattamenti di Chico Buarque. Un unicum che metteva insieme classici della bossa nova, traditional italiani, poesia, jazz e tanto altro.
Poco prima c’era stato Dettagli, con quella voce pulita, calda e sensuale a muoversi tra Nara Leão e Maria Bethania, con l’apertura affidata a un delicatissimo adattamento in italiano di Detalhes di Roberto Carlos.
Ci sono i grandi classici della canzone italiana: Senza Fine, Rossetto e Cioccolato, L’appuntamento. Ci sono gli amori, le provocazioni antiproibizioniste, le sofferenze, la depressione, gli abiti di Dior.
Ma al centro di tutto c’era lei: regale, maestosa, sempre dolce e mai sprezzante, sempre divina anche perché mai diva, a tratti adorabile a tratti straziante.
Ornella Vanoni si è spenta ieri all’età di 91 anni nella sua casa di Milano per un arresto cardiocircolatorio.
Spettacolo, musica, teatro, cinema, televisione, politica, gossip, moda: Ornella Vanoni è riuscita a tenere insieme tutte queste vite in una vita soltanto.
Una carriera straordinaria e irripetibile, vissuta al centro di tutto ma con lo sguardo periferico di chi non aveva bisogno di accendere altre luci. Un percorso partito dalle canzoni della mala milanese, passando dal Brasile all’America jazz di George Benson, Gil Evans e Herbie Hancock.
Ornella Vanoni è stata un’artista e un’interprete in tutto e per tutto eclettica, multiforme, perfetta. Bella, algida, oscura, con una voce profonda, dal timbro inconfondibile. “Una che ha tolto il sonno a molti italiani”, disse una volta Giovanni Minoli.
Nata nel 1934 in una famiglia agiata, entra quasi per caso al Piccolo Teatro di Milano, dove studia con Giorgio Strehler, che la plasma, la disciplina, le affina la dizione e la recitazione. Con lui vive una relazione intensa e tormentata, ma soprattutto un apprendistato artistico totale.
Il successo arriva con il ciclo delle canzoni della mala, che la rende un unicum nella musica italiana dell’epoca, una cantante teatrale capace di dare corpo a un mondo popolare, ferito e poetico.
Negli anni ’60 si innamora di Gino Paoli, da cui nasce una collaborazione artistica fondamentale dando vita a pezzi indimenticabili e continuando al tempo stesso la carriera sia a teatro che nel cinema. Dopo una storia passionale e difficile, sposa l’impresario Lucio Ardenzi, con cui ha l’unico figlio, Cristiano.
Nel corso della sua vita ha spesso ricordato la propria vicinanza al socialismo di Pietro Nenni, al quale si sentiva legata fin da giovane. L’evoluzione del partito sotto la guida di Bettino Craxi la deluse profondamente, pur continuando a mantenere con lui un rapporto affettuoso fino agli ultimi anni.
Nel suo ultimo libro Vincente o perdente, scritto con Pacifico per La Nave di Teseo, lo difese, sostenendo che «operava in un sistema in cui, per avere peso, era quasi inevitabile sbagliare. E alla fine ha pagato per tutti».
Sul panorama politico attuale si è espressa con la solita estrema franchezza: della sinistra si chiedeva «dove sia finita», mentre della destra riconosceva a Giorgia Meloni determinazione e intelligenza, pur ritenendola “mal circondata”.
E poi gli ultimi anni, quelli dove il pubblico ha saputo mettere da parte il santino della Vanoni e ha imparato a conoscere e amare Ornella: le dichiarazioni tranchant, i meme, le ospitate senza filtri da Fazio, gli endorsement (da Marracash a Lucio Corsi), il divertissement con Colapesce e Dimartino, le perplessità sulle canzoni di tre minuti scritte da sette autori.
Libera, ironica, lucidissima. Ornella Vanoni non ha mai avuto paura di cambiare e cambiando, ha insegnato a tutti noi un modo diverso di stare nel nostro tempo.





