Economia

Unindustria: Biazzo spinge su IA e Piano del Lazio, Orsini all’Europa: “Servono regole certe per le imprese”

07
Ottobre 2025
Di Ilaria Donatio

Il futuro del Lazio passa per l’impresa. È questo lo slogan scelto da Unindustria per la sua Assemblea Generale 2025, ospitata martedì 7 ottobre al Palazzo dei Congressi di Roma. Un appuntamento che ha riunito la business community di Roma e del Lazio in una doppia dimensione: confronto istituzionale e networking tra imprese, partner e stakeholder. Un’occasione per costruire il futuro e dare forma al cambiamento, in un momento decisivo per la manovra economica e per le politiche industriali del Paese.

Ad aprire i lavori è stato il presidente di Unindustria Giuseppe Biazzo, che ha richiamato il ruolo centrale dell’Europa in una fase di grandi trasformazioni globali. «Se pensiamo all’Europa, vediamo che ha faticato nel nuovo quadro di grandi blocchi economici contrapposti. Ma sappiamo altrettanto bene che solo nella dimensione europea le nostre imprese possono trovare risposte adeguate alle sfide di competitività cui sono chiamate», ha detto, chiedendo un’Europa «più unita nella difesa, più solida nella tutela dell’industria, più vicina ai bisogni dei cittadini e meno ingessata nella dottrina dell’unanimità».

Biazzo ha sottolineato la necessità di «mettere al centro il protagonismo globale delle imprese» e di «investire su grandi progetti di inclusione e progresso civile, dalla sanità all’housing sociale». Poi il passaggio chiave sull’industria: «Nessuno è contro l’elettrico, né tantomeno contro gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Ma non possiamo permetterci, per un ambientalismo dogmatico, di dissolvere un patrimonio così prezioso della nostra manifattura. Noi siamo convintamente a favore della neutralità tecnologica». E ha aggiunto: «L’accordo con il Mercosur, dopo vent’anni di negoziati, è un passaggio storico: la più grande area commerciale mai creata da Bruxelles».

Ma l’intervento di Biazzo ha toccato anche i dossier più concreti per la crescita del territorio. Unindustria ha proposto un Piano Industriale del Lazio, «un progetto innovativo fondato su indicatori misurabili», pensato per riequilibrare il peso tra manifattura e servizi avanzati e per favorire la crescita dimensionale delle aziende. «Non basta essere la seconda regione d’Italia per Pil — ha spiegato —. Dobbiamo ampliare la base delle imprese esportatrici e irrobustire la nostra identità di grande regione europea dello sviluppo. Il Lazio deve diventare la regione dell’impresa in 60 giorni».

Guardando avanti, Biazzo ha parlato di un salto in avanti negli investimenti, con un focus strategico su digitale e intelligenza artificiale. «Con questo approccio, si potrebbe sostenere maggiormente la filiera del digitale, anche promuovendo la produzione di sistemi nazionali a cominciare da una via italiana all’Intelligenza Artificiale, etica e sovrana sui dati», ha detto. «Nel Lazio crediamo fortemente in un ICT made in Italy sartoriale e di successo, protetto dalle nostre eccellenze della cybersecurity, che coinvolga anche le piccole e medie imprese e sia una leva di competitività per la nostra manifattura».

Il presidente di Unindustria ha poi indicato tre priorità infrastrutturali – energia, telecomunicazioni e acqua – dove «molti player industriali stanno producendo reti sempre più efficienti e sicure». Ma per sostenere questi investimenti «serve un quadro normativo chiaro che tuteli l’innovazione e favorisca l’integrazione di filiere made in Europe». Il Lazio, ha aggiunto, «può diventare uno dei principali laboratori sulle grandi reti e deve esserlo anche su nuove sfide come il riuso delle acque».

Infine, Biazzo ha toccato il tema del lavoro e della formazione: «Bisogna insistere con determinazione sulla diffusione tra i giovani delle discipline tecniche, sul rafforzamento delle competenze dei lavoratori più adulti e sull’occupazione femminile». Ma il punto di partenza resta la produttività: «L’aumento dei salari passa necessariamente dall’aumento della produttività e le relazioni industriali costruttive devono partire da qui».

Dopo l’intervento di Biazzo, il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha spostato il discorso sul piano nazionale, citando l’appello della premier Meloni: «Quando abbiamo fatto l’assemblea il 27 maggio, la presidente Meloni ha detto “volate alto”, ma per volare alto non ci possiamo dimenticare dell’impresa». Un richiamo diretto a riportare la politica economica alle sue fondamenta produttive: «L’industria rappresenta il 78% del welfare del Paese», ha ricordato, «e se le imprese non reggono, non regge nulla».

Orsini ha poi allargato il fronte al contesto internazionale, intervenendo sul tema dei dazi e della politica commerciale europea, alla luce delle tensioni con gli Stati Uniti. «Non possiamo vivere tutti i giorni nell’incertezza: a noi serve certezza», ha detto, commentando la minaccia di nuovi dazi americani sulla pasta italiana. «Se siamo partner, facciamo i partner: altrimenti è l’Europa che deve intervenire». Orsini ha ricordato che «su 144 Paesi colpiti da dazi, la media mondiale è del 12%, mentre per l’Europa è del 15%, con un impatto netto del 10,2%». A preoccupare, però, è anche il cambio euro-dollaro: «Se si arrivasse a una svalutazione del 20%, sarebbe un problema serio per l’export». Da qui il suo appello a Bruxelles: «Servono Eurobond per rafforzare la moneta unica e continuare il modello del Pnrr, mantenendo come principio la neutralità tecnologica».

A raccogliere l’appello è stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha parlato di «totale sintonia» con Confindustria e annunciato un “cantiere di lavoro” per accompagnare la definizione della manovra. Urso ha confermato la volontà del governo di introdurre strumenti strutturali e continuativi, non più bonus temporanei, per sostenere la Transizione 5.0, evoluzione del piano Industria 4.0 verso la digitalizzazione sostenibile. «La produttività si costruisce solo con investimenti costanti», ha spiegato, «e il nostro obiettivo è rendere le misure più stabili e accessibili per tutte le imprese».

Dal Palazzo dei Congressi, il messaggio che emerge è chiaro: volare alto sì, ma con i piedi piantati nell’economia reale. Unindustria, Confindustria e il governo si muovono su un terreno comune – meno vincoli, più visione, più coraggio – ma la sfida, ora, è tradurre le parole in azioni. Perché l’Italia e l’Europa possano davvero spiccare il volo, serve che la politica impari a camminare accanto a chi ogni giorno tiene in moto l’economia reale.