Politica
Defence Procurement Roma 2025: Italia rilancia la difesa europea
Di Ilaria Donatio
A Roma, all’aeroporto di Centocelle, la “Bella Addormentata” sembra essersi svegliata. Così ha detto Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo, evocando un’Europa che per anni ha dormito sulla difesa comune e che ora, spinta dalle crisi globali, prova a muovere i primi passi concreti. L’occasione è stata l’inaugurazione del progetto “Defence Procurement: la prospettiva nazionale per una Difesa europea”, promosso dallo Stato Maggiore della Difesa, che da oggi apre otto mesi di confronto tra istituzioni, industria e accademia.
Il forum nasce con un obiettivo preciso: trasformare l’interoperabilità, la digitalizzazione e le nuove frontiere tecnologiche – dal cyber allo spazio, fino all’intelligenza artificiale – in terreno comune per costruire capacità condivise. Un percorso che, nelle parole del Capo di Stato Maggiore Luciano Portolano, dovrà tenere insieme “autonomia strategica europea e interdipendenza industriale”, senza dimenticare il pilastro atlantico. “Europeismo – ha detto – deve essere letto anche come atlantismo, con un forte accento italiano”.
Portolano ha indicato tre scenari: dal semplice coordinamento rafforzato fino a una vera autonomia strategica con l’aggregazione delle capacità industriali. L’Italia, ha spiegato, mira a una sintesi tra il secondo e il terzo, valorizzando le proprie eccellenze per trasformarle in asset europei. Sullo sfondo, programmi comunitari come l’Edip (European Defence Industrial Programme) e il fondo Safe, che potrebbero contribuire a coprire parte degli impegni NATO senza pesare subito sui bilanci nazionali.
L’industria risponde presente. “Leonardo contribuisce per l’1% al Pil e ha investito 1,8 miliardi in ricerca lo scorso anno”, ha ricordato Pontecorvo, rivendicando un ruolo “al servizio della nazione” e la necessità di sinergie pragmatiche su progetti specifici. Biagio Mazzotta, presidente di Fincantieri, ha messo l’accento sulla programmazione pluriennale e sull’esigenza di “spendere di più ma soprattutto meglio”, evitando sprechi e ritardi. “La dimensione navale – ha aggiunto – resta centrale, e l’integrazione tra civile e militare è un vantaggio competitivo che dobbiamo valorizzare”.
Più diretto l’amministratore delegato di Mbda Italia, Lorenzo Mariani, che ha avvertito: se l’Italia vuole contare, deve arrivare preparata ai tavoli europei. “Di solito – ha osservato – gli altri arrivano con disegni già pronti, noi no. Quello che raccoglieremo dipenderà da quanto avremo lavorato prima”. Tre, secondo Mariani, i rischi sul cammino: l’ostilità degli Stati Uniti verso un’industria europea unita, il peso della Germania sostenuta da capitali ingenti, e la tentazione di ripiegare in logiche nazionaliste.
Il progetto avviato oggi prevede tre tavoli di lavoro – su capacità convenzionali, cyber e spazio – che entro otto mesi produrranno uno studio a carattere scientifico sulla prospettiva del procurement della difesa. “Creare osmosi tra difesa, industria e ricerca – ha spiegato il direttore della Direzione Nazionale Armamenti, Giacinto Ottaviani – significa non solo rafforzare lo strumento militare, ma anche generare occupazione e valore aggiunto per il Paese”.
In altre parole, la partita della difesa europea non si gioca solo sul terreno militare, ma anche su quello industriale, tecnologico e politico. L’Italia prova a ritagliarsi un ruolo da protagonista, cercando di trasformare la retorica dell’“autonomia strategica” in progetti concreti. Ma il percorso, come hanno ricordato i protagonisti della giornata, resta tutt’altro che lineare: tra ambizioni continentali, vincoli di bilancio e una geografia geopolitica che si frammenta in “multilateralismi regionali”.





