Cultura
Remunerazione o fruibilità, la silenziosa rivolta degli artisti verso le piattaforme di streaming
Di Francesco Tedeschi
Da quando la fruizione della musica è diventata digitale, giovani e meno giovani ascoltatori sono passati attraverso diverse rivoluzioni. azio ad altri sistemi. Da Youtube passando per Apple Music il modello delle streaming si è imposto sugli altri tanto da mettere i provider di questi servizi, come Spotify, sullo stesso piano delle grandi major discografiche. Tuttavia se il modello digitale ha favorito fruizione e ascolto, rimangono dei problemi, primo tra tutti: la remunerazione.
Spotify remunera gli artisti in base al numero di stream generati, ma la cifra per ogni ascolto è estremamente bassa. Secondo alcune stime, Spotify paga circa 0,003 – 0,005 dollari per stream. Questo significa che per guadagnare 1000 dollari, un artista dovrebbe ottenere tra 200.000 e 300.000 stream. Per molti musicisti, soprattutto quelli indipendenti o emergenti, questa è una cifra difficilmente raggiungibile. Ad esempio, un artista con 1 milione di stream guadagna in media solo circa 3.000 – 5.000 dollari, una somma che non copre le spese di registrazione, produzione e marketing, soprattutto per chi non ha un’etichetta discografica alle spalle.
Spotify è diventato, per molti, l’unica fonte di reddito digitale. La dipendenza dalle piattaforme di streaming è tale che, nel 2022, più del 70% dei ricavi globali dell’industria musicale derivavano dallo streaming, mentre le vendite di CD e vinili sono diminuite drasticamente. Il modello di business basato sulle royalties di Spotify ha trasformato il modo in cui vengono distribuiti i guadagni nell’industria musicale, concentrando una grande fetta del valore economico nelle mani della piattaforma, delle major discografiche e degli intermediari, a scapito degli artisti.
Le grandi star come Drake o Ed Sheeran riescono a guadagnare somme considerevoli grazie agli ascolti in massa, ma la grande maggioranza degli artisti non raggiunge questi numeri. Secondo una ricerca condotta da The Trichordist nel 2021, circa il 90% degli artisti su Spotify guadagna meno di 50 dollari all’anno dalle royalties della piattaforma. Questo evidenzia la difficoltà per gli artisti emergenti di vivere della propria musica, con un modello che premia la quantità di ascolti anziché la qualità o il valore artistico.
Nel 2018, Taylor Swift ha deciso di ritirare il suo catalogo musicale da Spotify, criticando apertamente il modello economico della piattaforma. La sua scelta è stata seguita da altri artisti di fama internazionale, tra cui Adele e Thom Yorke dei Radiohead, che hanno messo in discussione la sostenibilità del sistema delle royalties. Nonostante l’appeal di Spotify, gli artisti denunciano che, con una media di 0,004 dollari per stream, solo chi raggiunge ascolti milionari può ottenere guadagni significativi.
Spotify difende il suo modello economico, sostenendo che il suo servizio ha democratizzato l’industria musicale, offrendo visibilità e accesso a una vasta audience. Tuttavia, la critica centrale è che la piattaforma non offre un compenso adeguato agli artisti per il valore che portano. Un’indagine condotta nel 2020 dalla IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) ha rivelato che il 74% degli artisti considera lo streaming una fonte di reddito insufficiente. La stessa ricerca ha evidenziato come le royalties siano distribuite in modo sbilanciato, con circa il 90% delle entrate che finiscono nelle tasche delle major discografiche, lasciando solo una frazione agli artisti.
Se da un lato Spotify ha incrementato il volume di ascolti globali, dall’altro ha ridotto il valore economico per singolo ascolto. La monetizzazione della musica attraverso lo streaming ha spinto molti artisti a cercare alternative.
Nel tentativo di migliorare la situazione economica degli artisti, sono emerse proposte di riforma. Alcuni esperti suggeriscono l’introduzione di un “sistema di pagamento per artista”, che pagherebbe gli artisti in base al loro valore individuale, piuttosto che alla quantità di stream. Questo modello potrebbe garantire che anche gli artisti con meno ascolti ma un pubblico di nicchia ricevano un compenso adeguato. Inoltre, si sta discutendo la creazione di una “tassa sugli abbonamenti premium” per ridistribuire i fondi direttamente agli artisti, assicurando che una parte maggiore delle entrate vada a chi crea effettivamente la musica.





