Economia

Transizione energetica, tra concretezza ed equilibrio: la ricetta di Enel ed Eni

10
Luglio 2025
Di Gianluca Lambiase

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)

Stretti tra i timori per l’approvvigionamento energetico, l’ombra di bollette sempre più alte e un rimbalzo di buoni propositi (dal Green Deal alla neutralità tecnologica), interi settori industriali stanno vivendo anni di grandi difficoltà. Complici la pandemia, la guerra in Ucraina e le tensioni causate dai dazi, il tema energia non è mai stato così centrale nel dibattito pubblico. Se n’è parlato a lungo lo scorso martedì presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati, in occasione degli Stati Generali dell’Energia promossi da Forza Italia. Un’occasione di confronto tra mondo istituzionale e operatori energetici, a partire dai due principali player italiani, Eni ed Enel, per fare il punto sulle sfide da affrontare.

«L’espressione “neutralità tecnologica” sta diventando uno stereotipo privo di contenuto», ha chiarito subito Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni. «In un momento storico così complesso, con guerre in corso e fondi che inevitabilmente vengono spostati dalla transizione energetica alla difesa, alle infrastrutture, alla rete, non si può parlare di neutralità tecnologica in una visione monodimensionale, bisogna capire cosa occorre fare e quante risorse abbiamo a disposizione. Bisogna avere delle priorità. Se parliamo di automotive ad esempio, possiamo sì puntare sull’elettrico, ma senza regole folli che rischiano di danneggiare irrimediabilmente la catena del valore di questo settore».

Ma come si è arrivati a questo livello di criticità? «Si parla di energia da due o tre anni ma manca la grammatica, il lessico, il contenuto, le competenze», ha spiegato Descalzi. «Si è commesso l’errore di semplificare un’equazione con tante variabili, pensando di risolverla con le sole energie rinnovabili. Ma l’energia negli ultimi 200 anni è stata sempre additiva, non sostitutiva. C’è troppo isterismo su alcuni concetti e in Europa si fatica a tornare indietro, pensiamo di essere l’ombelico del mondo e di poter risolvere tutto con una sola soluzione, senza ascoltare nessuno, soprattutto l’industria».

Ma non solo automotive: dall’acciaio alla carta, dal vetro al legno, sono tante le filiere energivore ad aver accusato il colpo dell’impennata dei costi e sono alla ricerca di soluzioni alternative. L’esperienza di Eni nella costruzione di satelliti societari, in un quadro così complesso, rappresenta una best practice. «Abbiamo estratto quello che avevamo già all’interno di Eni accoppiando una parte growth, nel caso di Eni Plenitude le fonti rinnovabili e le stazioni di ricarica, con la parte value che sono i clienti. Questo abbinamento ha creato delle società che da zero hanno cominciato a produrre più di un miliardo di Ebitda e che hanno attirato investitori, in questo caso statunitensi, che ci ha permesso di creare una cassa per poter far crescere la società». Ma in Italia l’energia costa davvero di più rispetto ad altri paesi?
«Si legge di fantasmagorici prezzi in Spagna di 27-28 Euro a megawattora. Avendo Enel il controllo di Endesa, posso dire che questo è assolutamente falso. Il costo medio dell’energia in Spagna è più alto di quello italiano», ha dichiarato Flavio Cattaneo, Amministratore delegato di Enel. «Ci si concentra spesso sul costo a megawatt, dimenticandoci che quello è il costo wholesale, che pagano solo i clienti idonei, cioè gli energivori, tutti gli altri pagano una cosa diversa che è la bolletta: un insieme di tante voci, tra cui anche quello dell’energia. Come ha dichiarato il Presidente dell’Authority Besseghini, nel 2024 il costo dell’energia al cliente finale residenziale è di 34,5 centesimi a KWh a fronte di una media europea di 31 centesimi. È tanto, ma non il doppio o il triplo come si racconta. L’Eurostat inoltre ci dice che la bolletta media europea è di 57 Euro al MWh, mentre in Italia è di 60 Euro; parliamo di 3 Euro in più, ovvero il 5%». Ma come avviene questo recupero fra un costo dell’energia più alta e una bolletta più bassa? «Questo si verifica perché le nostre reti, pur essendo più efficienti, costano quasi la metà delle reti europee: 18% contro il 31% della media europea». «Da tempo inoltre Enel non è più incumbent in Italia. Oggi rispetto alla domanda elettrica produciamo poco più del 10%, la componente gas è del 3-4%, la rimanente componente rinnovabile è essenzialmente idrica. La presenza di Enel, che quest’anno arriverà a 85 gigawatt nel mondo, è rinnovabile per lo più all’estero». Ma perché un’azienda che ha fatto così tanto sulle rinnovabili all’estero non è riuscita a fare altrettanto in Italia? «Ci sono delle ragioni oggettive come la morfologia territoriale. Il nostro è un paese stretto e lungo, con catene montuose all’interno e paesaggi da tutelare e questo limita fortemente queste espansioni. C’è poi un problema di permitting: una modifica della Costituzione ha dato poteri sull’energia alle regioni e di fatto ha provocato una serie di veti, opposizioni e difficoltà che hanno limitato di molto questo sviluppo. Non sono mai stato uno che ha avuto un approccio ideologico, ogni paese vive la sua situazione ed è l’equilibrio quello che conta», ha concluso Cattaneo.