Fill the gap

Equilibrio vita-lavoro, Italia negli ultimi posti. Cosa si può fare

17
Aprile 2024
Di Giampiero Cinelli

L’Italia, recita l’adagio, è il Paese del sole, del mare etc. Eppure sull’equilibrio tra vita e lavoro i risultati sono molto negativi. L’ultimo rapporto Remote colloca l’Italia al 27simo posto su 30 per quanto riguarda quest’indicatore. A incidere sulla performance sono anche i fattori dell’assistenza sanitaria e dell’inclusione. Fanno infatti ancora molta fatica le donne e anche, come dichiarato da loro stesse, le persone di orientamento sessuale alternativo. Inoltre, il 9,4% della platea di lavoratori supera le canoniche 40 ore settimanali (mentre in Europa a superare gli standard orari sono in media il 7% dei lavoratori), ma questo maggiore apporto non si traduce in un aumento della produttività.

Come si muove governo
A Largo Chigi, il format di The Watcher Post, riguardo al work-life balance ha spiegato la posizione del governo la senatrice di FdI Paola Mancini: «La pandemia ha rappresentato un momento che ha fatto emergere il gender gap nel mondo occupazionale. Le donne hanno dovuto sopportare il peso di scelte drastiche. Anche il nostro governo ha messo in campo misure dirette a favorire la conciliazione tra il tempo di vita e quello da dedicare al lavoro. Molte sono le cose fatte, dalle certificazioni sulla parità di genere all’introduzione di facilitazioni per le assunzioni di donne, dagli sgravi fiscali alle donne con figli ai congedi. Sono misure importanti che però per essere efficaci devono sempre bilanciate con la produttività. Stiamo lavorando per introdurre politiche che permettano a una donna con alta professionalità di non rinunciare alla vita personale soprattutto quando entra in campo la maternità: è necessario fare un salto in aventi, il lavoro deve cambiare paradigma, non più basato sul tempo ma sul risultato», ha affermato.

Attuare il Family Act
Elena Bonetti, capogruppo di Azione alla Camera, intervenendo a Largo Chigi, ha fatto notare a i dati sull’occupazione femminile, rispetto al ribasso del periodo Covid, sono in costante crescita ma il Family Act messo in piedi nella scorsa legislatura è rimasto largamente inapplicato siccome mancano molti decreti attuativi. Serve andare a fondo sulla diversificazione tra congedo parentale maschile e femminile, mentre la certificazione sulla parità di genere è per Bonetti molto efficace, le aziende possono beneficiarne per alcune attività. Va poi pensato il tempo pieno per le scuole e un investimento efficace sugli asili nido.

Il fattore culturale
Da notare che nonostante alcuni interventi, come la possibilità di 10 giorni in più di congedo per i dipendenti o appunto il congedo di paternità, permangono ancora fattori culturali sul rapporto tra vita e lavoro e sulle scelte personali. Ad esempio, come ha fatto notare a Largo Chigi Simona Rossitto del Sole24ore, solo il 64% dei beneficiari del congedo di paternità utilizza lo strumento, la percentuale cala al sud e tra coloro che non hanno un contratto a tempo indeterminato. Tuttora una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio. Questo è un macigno sulle politiche di inclusione femminile che avrebbero bisogno di una formazione, anche tecnico-scientifica, mirata per contrastare l’abbandono del lavoro grazie a competenze solide che permetterebbero di conservare il posto anche qualora le donne si ritrovino in maternità.

C’è però chi è riuscito a implementare delle best practices, come l’azienda farmaceutica AbbVie Italia, che si è distinta nel welfare aziendale. Lo stabilimento di Campoverde in provincia di Latina ha ricevuto dei riconoscimenti relativi alla qualità del posto di lavoro, dove si offre ai dipendenti assistenza sanitaria, cure per la salute mentale e anche fisioterapia. Il settore farmaceutico conta il 45% di addetti di sesso femminile e in questo è molto avanti e in controtendenza; anche AbbVie Italia risulta in linea, con il 40% di donne in posizione dirigenziale. Ne ha parlato a Largo Chigi la direttrice delle risorse umane dell’azienda Manuela Vacca Maggiolini. «Ci vuole un cambio di mentalità. Far capire che certi lavori non solo solo appannaggio degli uomini. Noi abbiamo cominciato dieci anni fa, anche stabilendo relazioni al di fuori dell’azienda e coinvolgendo le scuole», ha sottolineato Vacca Maggiolini.