Politica

Un ovetto di Colombo per il centrodestra…

23
Maggio 2022
Di Daniele Capezzone

Pur presentati con la definizione di conferenze programmatiche, si sono svolti nelle ultime settimane tre eventi (in ordine cronologico: di Fratelli d’Italia, della Lega e di Forza Italia) che certamente sono stati dedicati dai tre partiti di centrodestra a una qualche elaborazione sul piano dei contenuti, ma che – inutile girarci intorno – servivano anche e soprattutto ad avviare le rispettive campagne elettorali per le ormai prossime amministrative. E con quali elementi si esce da questi tre eventi? Per un verso, con la conferma di cose che sapevamo già. Il partito di Giorgia Meloni è lanciatissimo nei sondaggi, fa tesoro del suo posizionamento di opposizione (alla Lega era accaduta la stessa cosa nel 2011, quando Forza Italia si dissanguò sostenendo il governo di Mario Monti), e cerca di dare sostanza alla definizione di “conservatori” con cui si presenta oggi. La sensazione è che la leader, in particolare in politica estera, abbia meritoriamente scelto una linea coraggiosa: non sapremmo dire fino a che punto sostenuta con convinzione da tutti i dirigenti e dalla base storica di Fdi. In economia, si nota un positivo sforzo per innovare, che va assolutamente incoraggiato, ma che ancora risente di una non lieve vocazione dirigista.

Più delicata la situazione complessiva di Lega e Forza Italia. Per paradosso, è proprio il partito di opposizione (Fdi) a trasmettere un’idea di affidabilità, mentre a volte (o per ragioni interne o per una dialettica necessariamente faticosa nella maggioranza di unità nazionale) sono i due partiti del centrodestra di governo che non sembrano in grado di trarre un cospicuo dividendo politico-elettorale (né di legittimazione) dal loro sforzo di sostenere Draghi. Alcune oscillazioni in politica estera fanno il resto: Fi e Lega, in Parlamento, hanno sostenuto una linea atlantista, ma – fuori – le loro parole non sempre sono state corrispondenti. Intendiamoci bene: chiunque guardi i sondaggi, sa che gli italiani sono spaventati e dubbiosi per le vicende dell’Ucraina, e temono qui gravi conseguenze economiche: tuttavia, sarebbe opportuno – per forze storicamente pro Occidente – rendere sempre indefettibilmente chiara, anche nella comunicazione, la propria scelta di campo, ed esercitare il proprio spirito critico entro un perimetro indubitabilmente atlantista. Cosa che (inutile negarlo) non sempre è avvenuta.

Anche rispetto ai rapporti tra i tre partiti, non tutto va nella direzione giusta. Se Lega e Fi sembrano ben coordinate tra loro, non altrettanto si può dire della loro relazione con Fratelli d’Italia. Il centrodestra di governo accusa la Meloni di pensare più al tornaconto elettorale del suo partito che alla coalizione; Fdi accusa Lega e Fi di lavorare più per arginare la crescita della Meloni che per dare al centrodestra un orizzonte strategico. E – in tutta sincerità – c’è del vero sia nell’una che nell’altra di queste due recriminazioni incrociate. 

Perfino il percorso pre-elettorale è tuttora accidentato: in cinque comuni capoluogo, la coalizione si presenta divisa, né è stata risolta la pesante grana delle regionali siciliane, previste in autunno. Un’acuta osservazione di Gianfranco Rotondi fotografa la situazione: le tre forze, al massimo, assomigliano a una “cooperativa elettorale”, cioè si mettono insieme per produrre eletti, e ci riescono assai bene. Ma poi non sembra esserci un disegno politico comune.

Chi scrive pensa da tempo (a questo è dedicato il mio libro “Per una nuova destra”) che la coalizione abbia bisogno di un dibattito profondo di idee, e non solo di espedienti tattici. Ma – a voler essere ottimisti e costruttivi – un piccolo uovo di Colombo, diciamo pure un “ovetto di Colombo”, ci sarebbe. Visto che su mille altre cose c’è divisione, almeno Lega-Fi-Fdi potrebbero utilmente coordinarsi sui temi economici e fiscali. Quando lo hanno fatto (ad esempio sul catasto), almeno in termini difensivi (cioè per evitare ai contribuenti guai peggiori), hanno ottenuto qualche risultato non disprezzabile. Potrebbero e dovrebbero farlo di più e più sistematicamente, a mio avviso, spingendo per rimettere in agenda tagli fiscali significativi, percepibili dall’economia reale, non omeopatici. Esiste un’Italia del settore privato (partite Iva, autonomi, piccole imprese, e naturalmente i loro dipendenti) che è orientata prevalentemente a destra, che difficilmente voterebbe a sinistra, ma che – se non vede impegnata a fondo su questi temi la propria teorica coalizione di riferimento – potrebbe scegliere di astenersi massicciamente, com’è già accaduto nell’ultima tornata amministrativa, quella dell’autunno scorso. 

Almeno su questo, i tre partiti farebbero bene a riflettere e a reagire insieme. La differenza tra una possibile vittoria elettorale alle politiche del 2023 e un pareggio deludente sta tutta lì.