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Referendum: non c’è il quorum. Analisi del voto solo nell’opposizione
Di Giampiero Cinelli
Non c’è il quorum del 50%+1 per i referendum abrogativi promossi dalla Cgil. Mentre gran parte delle sezioni sono già state scrutinate, la previsione più attendibile è che l’affluenza si fermerà intorno al 30% degli aventi diritto. Ovvero circa 15 milioni di cittadini su oltre i 50 milioni della popolazione italiana. Tra coloro che sono andati alle urne, hanno prevalso quelli che hanno risposto sì a tutti e cinque i quesiti, quindi accogliendo le proposte di chi ha voluto il referendum e rifiutando la status quo. Vincono nettamente i sì sulle quattro consultazioni riguardanti la disciplina del lavoro e degli appalti pubblici. Vincono i sì anche sulla proposta di dimezzamento dei tempi per ottenere la cittadinanza, ma a quanto pare con minore scarto. Molto scarsa la partecipazione nelle isole, ma la maglia nera è del Trentino Alto Adige (22,70% alle ore 17:30 di lunedì 9 giugno).
Cosa accade ora nella sinistra
Si era detto fosse un referendum che mascherava questioni interne alla sinistra. Per vedere quali fossero gli equilibri nell’area del centrosinistra. soprattutto nel Pd, ma anche nella – va sottolineato, ipotetica – coalizione. Dopo lo spoglio, qualcuno metteva in conto pure la possibile “destituzione” della segretaria Elly Schlein. Altri ne facevano appunto una questione di numeri: 15 milioni di votanti sarebbero un segnale positivo. Meno di 15 aprono a un confronto; 12, la pietra tombale sul progetto della Segretaria, quello di un Pd più limpidamente ancorato alla questione sociale.
Meloni impensierita?
Tuttavia si potrebbe cambiare l’angolo di visuale. E dire che quei 15 milioni di voti significano tutti un no a Giorgia Meloni e al suo governo. Anche la premier allora non dovrebbe dormire sonno tranquilli in ottica prossime elezioni. Eppure, se 15 milioni vi sembran pochi, appare chiaro che nessuna delle forze d’opposizione dimostra di poter rivendicare la maggioranza nel Paese. Maggioranza che la stessa Meloni in realtà possiede solo relativamente. Oltre che in base alle geometrie parlamentari. Dunque, palla al centro e partita tutta da giocare. Partita che, beninteso, Giorgia Meloni può certamente vincere di nuovo. Soprattutto se il referendum dell’8 e 9 giugno farà scaturire negli avversari una discussione alquanto turbata anziché ottimistica.
Chi ha vinto (o perso) davvero?
La Presidente del Consiglio al seggio s’è recata. Ma non ha ritirato le schede. Insomma anche lei ha giocato la sua gara in questo referendum, scansando apertamente l’abito della neutralità istituzionale. E una parte d’Italia ha seguito lei. Soprattutto astenendosi dal voto o in piccola percentuale votando no. A questo punto 15 milioni di votanti non sono in fondo così pochi, ad ogni modo bisogna magari fare i conti con una “maggioranza silenziosa”.
Primi malumori nel Pd
I quadri del Pd hanno dato l’impressione di voler continuare sulla linea di Schlein, al di là delle questioni numeriche. E infatti le divisioni nel partito forse sono proprio ciò che paradossalmente “si cerca”. Per rendere ancora più evidente la linea di confine, per sbandierare il consenso popolare rispetto alla propria corrente. Se però non sono scacchi ma tiro alla fune, alla fine una parte perde sempre senza che vi siano dubbi. E non è detto vincerà quella che ha desiderato i cinque quesiti. Bensì, quella, che con il quorum si sarebbe vista abrogare la politica del passato.
Gualmini punge su X
«Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva “correggere gli errori del vecchio Pd” si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi. Aver rotto l’unità sindacale in una rinnovata cinghia di trasmissione con un solo sindacato (Cgil), pur con rispetto, un altro errore. Con quesiti rivolti al passato e pochissimo legati alle patologie del mercato del lavoro di oggi. Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada cosi. Auguriamoci almeno una discussione franca magari anche con quelli del vecchio Pd», ha scritto su X l’eurodeputata del Pd Elisabetta Gualmini.
I panni sporchi si lavano in famiglia. Potrebbe essere la parafrasi. Vedremo i risultati di questo sforzo ecologico.
