Politica

Mattarella ‘indisponibile’ al bis. Letta chiede moratoria sul Gran Gioco del Colle ma Salvini non se ne cura

10
Settembre 2021
Di Ettore Maria Colombo

La visita di ‘congedo’ con il Papa di Mattarella

Un passaggio obbligato, per un Capo dello Stato a fine mandato, ma che nella ‘eccitazione’ che accompagna da molte settimane ormai ogni indiscrezione sulla partita relativa all’elezione del prossimo inquilino del Quirinale provoca l’ennesima fioritura di ricami e congetture nel piccolo mondo politico romano. Mattarella, come ormai si sa e si è capito, è indisponibile a un bis. E il fatto che sia stata resa nota, con tanto anticipo, la data del saluto al Pontefice va nella direzione di voler smorzare ogni tipo di illazione su un secondo settennato, anche se va detto che è stato il Vaticano a diffondere, giovedì, la notizia.

La nota ‘diplomatica’ sull’incontro con il Papa

“A quanto si apprende – recita una nota ripresa, ieri, da tutte le agenzie di stampa – il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà ricevuto in Vaticano da Papa Francesco I il 16 dicembre per l’udienza di congedo in vista della scadenza del suo mandato il 3 febbraio 2022”. La nota, in sé, sembra burocratica, formale, ma non lo è affatto, e – si fa notare dal Quirinale – non è ‘uscita’ dal Colle ma da non meglio precisate “fonti diplomatiche” (vuol dire che arriva direttamente dal Vaticano, per essere chiari).

Le visite ‘di congedo’ con altri Capi di Stato

Certo, ogni volta che un settennato sta per scadere (a dicembre, dalla fine del mandato di Mattarella, il 3 febbraio 2022, mancheranno due mesi), è prassi che il Capo dello Stato in carica si rechi in visita dal Pontefice. Normali rapporti di buon vicinato tra le due sponde del Tevere, mai state così ‘vicine’ nonostante le ‘incomprensioni’ sul ddl Zan e la nota di biasimo sul provvedimento spedita, direttamente dalla Segreteria di Stato della Città del Vaticano, al governo italiano che, come si ricorderà, tante polemiche ha suscitato….

Eppure, la nota – dove si specifica pure che, ad ottobre, in date ancora da definire, Mattarella sarà in visita di Stato in Spagna, al simposio Cotec, la fondazione che promuove l’innovazione con Portogallo e Spagna, il 17 novembre, alla presenza del re Felipe. E già il 15 settembre al Quirinale ci sarà la riunione dei capi di Stato del Gruppo Arraiolos. Altri viaggi sono previsti nei Paesi del Golfo e nel Maghreb. A fine ottobre sarà a Gorizia con lo scrittore Boris Pahor. Quindi riceverà il presidente armeno e ai primi di dicembre i reali del Belgio. Poi sarà in Germania, l’11 e 12 ottobre dal suo omologo tedesco, Frank-Walter Steinmeier, con cui Mattarella ha stabilito un rapporto di amicizia vero, profondo, cordiale. Insomma, dice molto di più di quello che, almeno all’apparenza, appare…

Mattarella – come, meglio ripeterlo, sempre si fa, nello scorcio di ogni settennato – prende congedo, con una serie di visite all’estero, dai capi di Stato che ha frequentato in questi sette anni, Papa in testa. La notizia, però, uscita ieri, ha un ‘sapore’ speciale. Prima Roberto Benigni, al Festival internazione del Cinema Venezia, poi pure il cantante Marco Mengoni, hanno detto – e molti italiani hanno applaudito all’idea – a Mattarella: “Presidente, resta con noi altri anni”.

Mattarella non diventerà un ‘re’ o un ‘Papa’

Ecco, Mattarella – che legge e scruta, ogni giorno, la stampa italiana, non sempre sorridendo (ai giornalisti della Stampa parlamentare, nella cerimonia del Ventaglio, l’ultima volta disse: “Se dovessi smentire ogni volta quello che scrivete sul Quirinale dovrei mandarne una al giorno…”) – vuole tirarsi fuori dalla ‘bambola’, già ripartita, sulla sua permanenza al Colle per altri due anni: “almeno”, per altri due, dicono i più, “e perché no?, per altri sette” dicono altri.

Eppure, Mattarella, in più occasioni – sia formali (il discorso di celebrazione del suo predecessore, Antonio Segni, che criticava il semestre bianco e che, insieme, proponeva di scrivere, nella nostra Costituzione, che il limite del settennato doveva diventare ‘invalicabile’) che informali (ben due discorsi tenuti davanti a scolaresche di ragazzi a cui disse di “sentirsi stanco, dopo sette anni”) – ha chiarito che il Presidente della Repubblica ‘non’ è un Re né, tantomeno, un ‘papa’. E che lui, in particolare, non vuole diventarlo, neanche se, come successe con il Napolitano bis nel 2015, tutti i partiti andassero in processione a chiedergli di ‘restare’ perché non si trovano altri candidati.

Insomma, Mattarella non vuole passare alla storia come un ‘monarca’ repubblicano, un ossimoro in sé che un professore di diritto costituzionale ed ex giudice della Consulta ‘non’ può accettare.

Il ‘non detto’ dietro il no di Mattarella al bis

Poi, nel non detto, c’è forse anche la scarsa volontà, tra due anni, dopo l’eventuale ‘bis’ e nuove elezioni politiche, di trovarsi ad avere a che fare con un centrodestra che, quasi sicuramente, uscirà trionfante dall’esito delle elezioni politiche del 2023 – se non si terranno prima, ovviamente, ma sarebbe uguale – e anche di trovarsi a dover ‘combattere’ con un Parlamento ‘nuovo’ (a 600 membri) e partiti che potrebbero contestargli di essere, ormai, un presidente ‘dimezzato’ perché risulterebbe, nel 2023, eletto nel 2022 da un Parlamento a 945, quello che, a febbraio, eleggerà il suo successore.

Illazioni passibili, ovviamente, di dura smentita, anche in questo caso, da parte del Quirinale…

I partiti, ormai, dovranno farsene una ragione

La realtà dei fatti – e anche i ‘segnali’ come l’annuncio della visita di congedo dal Papa – è che Mattarella non concederà alcun ‘bis’.

I partiti devono, perciò, farsene una ragione, specialmente uno, il Pd, che sul bis di Mattarella aveva, fino a ieri, puntato quasi tutte le sue carte. Non che, sul tema Colle, nel Pd manchino i guai.

Giovedì, parlando a “Radio Anch’io” (Rai 1), Enrico Letta ha detto che “questo è un momento delicato nella vita del Paese. Faccio appello a tutti i leader politici, a tutti i colleghi in politica, per una moratoria sul Quirinale. Ora dobbiamo occuparci di andare avanti, del Quirinale se ne parla l’anno prossimo, a gennaio. Passare quattro mesi a fare giochini politici è irrispettoso”. Parole rivolte sia all’esterno che all’interno del partito.

La ‘moratoria’ di Letta ‘parla’ a Salvini&Bettini…

All’esterno, verso Salvini, che ha risposto con tono sarcastico e, al solito, polemico (“Letta fa tutto lui: è lui che continua a parlare di Quirinale, forse è la cannabis…”), ma che di Colle si occupa eccome, un giorno sì e l’altro pure. Infatti, se nei giorni pari Salvini vuole mantenere Draghi a palazzo Chigi e spedire Berlusconi (o Pera o la Casellati, o forse Casini) al Colle, invece, nei giorni dispari, vuole spedirci Draghi, sperando che, così, si vada a votare quanto prima. Guarda caso la stessa speranza che ‘nutre’ la Meloni e FdI con cui Salvini e la Lega sono tornati in rapporti di ‘amorosi sensi’ come dimostrano i voti, alla Camera, sul dl Covid-Green Pass.

Ma Letta ‘parlava’ anche al cuore del suo partito e, in particolare, alla sua sinistra, quella guidata – idealmente – da Goffredo Bettini che, proprio come Conte (di cui è, ormai, il vero ideologo), vuole a sua volta spedirci Draghi, al Quirinale, con l’obiettivo di ‘sfidare’ la destra nelle urne, nell’illusoria credenza di potersela ‘giocare’…

L’illusoria speranza di potersela ‘giocare’…

Propositi dissennati e pericolosi, oltre che del tutto contrari al main stream del suo segretario, che vuole Draghi a Chigi ‘almeno’ fino al 2023.

Ieri, Bettini, si è affrettato a dire “ha ragione Letta sulla moratoria, mi atterrò alla sua indicazione”. Peccato che, subito dopo, aggiunga: “il governo è, tutti i giorni, è un campo di conflitti e tensioni. Draghi resti in campo, qualsiasi ruolo assuma”. Traduzione: “Io, ma non solo io, anche altri, lo abbiamo candidato al Colle, speriamo che ci vada, così poi ‘corriamo’ alle urne” (Auguri!).

La verità, però, è che il Pd ha, almeno per ora, un’unica opzionela rielezione di Sergio Mattarella. Lo ha quasi confessato il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, quando qualche giorno fa ha ammesso: “Ci vorrebbe un bis di Mattarella”.

Il problema è che il Pd non ha un ‘piano B’…

Al Nazareno al momento non c’è un piano B, perché qualsiasi alternativa, come confida un dirigente dem di primo piano, “passa per un accordo con la Lega di SalviniMatteo Renzi e Forza Italia, visto che non si può giocare di sponda con i 5 stelle, che non sono affidabili”. Ma è proprio quello che Letta non vuole: dover siglare un patto sul Quirinale con quel Salvini con cui litiga quasi ogni giorno e con Renzi che odia.

I giochi, quindi, si fanno complessi per il Pd che non ha un suo candidato al Quirinale. O, meglio, che ne ha troppi, ma nessuno sceso in campo ufficialmente. Tanto per fare due nomi: il commissario Ue, Paolo Gentiloni, e il ministro dei Beni culturali, Dario FranceschiniLetta, che ha deciso di candidarsi in Parlamento, anche per seguire da vicino la “pratica Quirinale”, ha invitato i suoi a mettere la sordina al dibattito.

E che siano i dem i destinatari del suo appello sembra averlo capito anche Salvini (e Renzi).

Ma se il capo dello Stato non concederà il bis il Pd sarà costretto, per forza di cose, proprio a un accordo con la Lega, perché i dirigenti dem non possono permettersi di ripetere l’errore che fece Pier Luigi Bersani con “i 101”, rifiutando un patto con tutte le forze della maggioranza Draghi.

Il futuro del Colle e quello del governo Draghi

In ogni caso, siccome stavolta l’elezione al Colle è strettamente legata al futuro del governo (e i candidati più accreditati sono Mario Draghi e Sergio Mattarella), sarà impossibile sgombrare la discussione dal tavolo del dibattito politico.

Mattarella fino all’ultimo onorerà il suo mandato, come ha fatto intendere a fine luglio alla cerimonia del Ventaglio. Il suo messaggio implicito è: il mio settennato non è ancora finito.

Mario Draghi ha detto, nell’unico suo intervento sul tema, che “Trovo un po’ offensivo pensare al Quirinale come altra possibilità, anche nei confronti del presidente della Repubblica”. La vera partita si giocherà a gennaio. Dipenderà dallo stato del Paese, e dagli umori dei partiti, che oggi sono in larga parte per una permanenza di Draghi a capo dell’esecutivo. Ma il centrodestra spinge per Draghi al Colle, perché la sua elezione aprirebbe la strada al voto. Pd e M5S vorrebbero arrivare con lui a palazzo Chigi fino al termine della legislatura, nel 2023. Quale linea di pensiero prevarrà? Conteranno molti gli umori in Europa. Nessuno al momento può nemmeno escludere che, a dispetto degli intendimenti dell’attuale Capo dello Stato, alla fine non s’imponga la rielezione di Mattarella.

 
 
Photo Credits: Adnkronos