Politica

Germania, la controversa eredità merkeliana

07
Settembre 2021
Di Daniele Capezzone

Attenzione a fare previsioni: la politica tedesca è nota per improvvise accelerazioni negli ultimi venti giorni delle campagne elettorali, e oggi ne mancano proprio 19 al voto politico federale del 26 settembre prossimo.

Tuttavia, la tendenza dell’estate appare tanto chiara quanto preoccupante per il partito guida: Cdu-Csu in grande difficoltà, Verdi in notevole spolvero, e – incredibilmente – una Spd in notevolissima risalita.

E’ ancora presto per dire se i cristiano-democratici arriveranno al traguardo così indeboliti da essere tagliati fuori dal prossimo governo, e – in subordine – da esserne sì inclusi ma in posizione gregaria, diversamente da quanto è accaduto finora.

Tuttavia, forse, è venuto il momento di svolgere qualche considerazione non agiografica sulla stagione di Angela Merkel, al tramonto della sua cancelleria e della sua stessa parabola politica. Formalmente, non è più lei a guidare la Cdu-Csu a queste elezioni, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che questo voto sarà anche un bilancio della sua era, e un primo momento per comprendere la sua legacy politica.

Ammetto di essere una delle pochissime voci italiane orientate in questo senso: ma il mio giudizio è nettamente negativo. La sua traiettoria politica ha sempre privilegiato l’equilibrismo e il temporeggiare, il compromesso e l’attesa, rispetto all’affermazione chiara di principi. Di più: tutto ciò si è risolto a livello internazionale in un impercettibile ma costante tentativo di rendere Germania e Ue disallineate e “terze” rispetto alla Nato, a livello europeo nella ripetizione retorica delle giaculatorie euroliriche ma nel quadro di un complessivo declino del Continente, e a livello tedesco nell’adozione sistematica del modello delle “grandi coalizioni”.

Questo schema politico è stato – a ben vedere – funzionale solo a lei, cioè al mantenimento della sua personale centralità. L’abilità tattica della Cancelliera ha fatto il resto: soffocare nella culla potenziali successori credibili, offrirsi agli elettori di centrodestra come garante di un minimo di disciplina fiscale e a quelli di centrosinistra come la democristiana che tuttavia attingeva ai capitoli “sociali” dei manifesti elettorali della Spd.

Risultato? Governi a scarsa impronta riformatrice (e meno che mai liberale), la politica tedesca ridotta a un oligopolio con poche alternative, e un’autostrada lasciata a destra a partiti che l’hanno sfruttata male, in modo banale e politicamente inservibile, più che altro connotandosi come destra dura e impresentabile.

Morale: quando si commenterà il risultato del 26 sera, se sarà davvero quello preannunciato dai sondaggi, non ce la si prenda solo con l’incolore nuovo leader cristianodemocratico Armin Laschet, ma si faccia anche qualche considerazione onesta e severa sul lascito politico merkeliano. Altro che celebrazioni e agiografie.

Photo Credits: “Bundeskanzleramt” by Tobi NDH is licensed under CC BY-NC-SA 2.0