Politica

Intervista a Stefano Lo Russo: “La mia Torino città dei giovani e internazionale. Spendiamo bene i fondi del PNRR”

11
Ottobre 2021
Di Andrea Maccagno

“Servono idee e progetti per costruire una Torino più grande, forte ed unita”, dice a The Watcher Post Stefano Lo Russo, candidato del centrosinistra a sindaco di Torino, in testa dopo il primo turno con il 43,86% dei voti. Una campagna rivolta all’ascolto della città, attraverso sedie in piazza e tram: “Ha ripagato il saper ascoltare le persone, stufe di sperimentare: c’è voglia di premiare esperienza e concretezza”. A contendergli la carica di primo cittadino c’è Paolo Damilano, candidato del centrodestra fermatosi al 38,9% dei consensi. Fuori dai giochi il Movimento 5 Stelle, che ha scontato la non ricandidatura di Appendino.
 

Lo Russo, i sondaggi la davano in rincorsa invece è arrivato al ballottaggio da primo: l’ha sorpresa il risultato?

Abbiamo fatto una campagna elettorale molto capillare, in tutta la città, è stato un grande risultato considerate le condizioni di partenza. Damilano era partito prima, ma il nostro riscontro dalle piazze è sempre stato positivo. Soprattutto nelle ultime settimane, percepivamo un clima positivo verso la nostra candidatura. Credo che abbia pagato il saper ascoltare le persone, stufe di sperimentare: c’è voglia di premiare esperienza e competenza.
 

Lei ha condotto una campagna portandosi una sedia per tutta la città e dialogando con i cittadini nei vari quartieri. Ha ripagato questo ascolto?

Mi rendo conto possa sembrare una scelta insolita, ma penso andasse fatta. Abbiamo portato una sedia in tutti i quartieri della città, dando voce a chi voleva illustrarci problemi e proposte. Non nego che in alcune zone sia stato più complicato: abbiamo ben chiari i timori di chi vive nei luoghi più difficili della città. Vogliamo rappresentare l’impegno verso quei quartieri, bisogna avere una visione e idee concrete, basta con gli slogan e la propaganda. Servono idee e progetti per costruire una Torino più grande, forte ed unita.
 

Quella sedia si è trasformata ora nei tram, per mezzo dei quali sta incontrando i torinesi lungo gli assi principali del Comune: quali iniziative le chiedono più insistentemente?

La sedia ci ha fatto capire che c’è una parte di cittadinanza che cerca un’interlocuzione che non ha mai avuto o che non ha più trovato. Col tram stiamo incontrando i torinesi da nord a sud, da est a ovest, registrando ancora una volta i divari che persistono. Personalmente ho iniziato col 4, da Mirafiori a Falchera: tutti vogliono una città più accessibile, con mezzi puliti e sicuri. “Sicurezza” è un termine di cui vogliamo riappropriarci, per toglierlo dalla propaganda di una destra che lo sventola solo con inclinazioni xenofobe.
 

Un dato, non solo torinese, è stato il calo dell’affluenza: in città meno di un elettore su due è andato a votare, specialmente nella zona nord, quella che aveva contribuito alla vittoria di Appendino. Il suo è un risultato monco?

È un dato di cui mi dispiaccio, ma non credo intacchi il risultato di chi vincerà il ballottaggio. Si tratta di un trend nazionale, ahimè in costante crescita ed arrivato al culmine in quest’ultima tornata. I partiti tradizionali hanno sicuramente una parte di colpa, stiamo lavorando per recuperare quel rapporti e legami persi, serve un lavoro di “ricucitura” sociale. E il Comune ha il modo di invertire l’isolamento vissuto da questi cittadini, a partire dal ridare loro quei servizi pubblici che in questi anni li ha tolto: anagrafi, impianti sportivi, ambulatori. Non averli più ha divaricato le distanze tra i quartieri.
 

Un’inversione di tendenza è il recupero del centrosinistra in alcune zone periferiche e il passo indietro in Crocetta e collina: qual è il suo giudizio in merito? Il secondo turno rimischierà le carte?

In periferia molti elettori delusi dalle promesse fatte, dimostratesi poi vane, sono rimasti a casa, ma altri sono tornati a darci fiducia: un’inversione di tendenza che ci fa ben sperare in vista del ballottaggio. In Crocetta e collina il volto tranquillo di Damilano ha probabilmente attecchito su qualche elettore più moderato, ma crediamo che il secondo turno possa dare un risultato diverso: dopotutto il centrodestra rimane a trazione Fratelli d’Italia-Lega e i toni – prima rassicuranti – stanno diventando più aggressivi. Una cosa è certa: noi continueremo a parlare alle cittadine e ai cittadini dei problemi della città.
 

Al ballottaggio, come conquistare i voti grillini senza un apparentamento con il Movimento 5 Stelle?

Lo ribadisco: il perimetro della coalizione è chiaro e definito dal primo turno. È stato frutto di un serio lavoro sul programma, ho ripetuto più volte che non avremmo fatto nessun apparentamento. Parliamo a tutti gli elettori. Il giudizio su questi anni non è positivo, come è noto, ma è pur vero che su altri temi abbiamo sensibilità simili, a partire dai diritti. Su questo ho sempre riconosciuto che il lavoro fatto in questi anni non solo verrà confermato ma proseguiremo come Torino città dei diritti.
 

Questione Giunta: come verrà formata? Ha già il nome del vicesindaco/a?

Mi piacerebbe fosse una donna, ma non per rigide questioni di genere. Penso che sia un pezzo rilevante di rappresentanza che vada riconosciuta e ci muoveremo in tal senso. Sul nome si vedrà a urne chiuse, così come sulla scelta degli assessori. È davvero troppo presto adesso, siamo concentrati a parlare con i cittadini per convincerli delle nostre buone proposte.
 

E con quale proposta partirà, se eletto sindaco?

Nessuna promessa da “primi 100 giorni”, ma ci focalizzeremo da subito sulle priorità della città, partendo dai numerosi investimenti che dovremo fare da adesso e per i prossimi anni grazie ai fondi del PNRR. Vorrei fare di Torino una città che torni a dare ai giovani le opportunità che meritano. Ogni ragazzo/a che lascia la città per cercare fortuna altrove rappresenta un fallimento per le istituzioni comunali. E poi un vero rilancio internazionale, a partire dai grandi eventi come Eurovision: un’ottima notizia per Torino, che riesce ancora a fare tesoro dell’eredità olimpica, grazie agli impianti costruiti nel 2006. Una candidatura che aveva visto il consenso unanime del Consiglio comunale e che ora dovremo saper sfruttare al meglio come vetrina per la città.
 

Infine una domanda sull’ambiente: come migliorare la qualità dell’aria in città? In prospettiva, Torino può candidarsi come Hydrogen Valley d’Italia?

In questi anni si è puntato molto sulle piste ciclabili. Scelta di per sé anche corretta, ma che andava strutturata meglio. Torino deve contribuire alla decarbonizzazione, così come richiesto dall’Unione Europea in primis. Da questo punto di vista, l’idrogeno verde rappresenta sicuramente il vettore del futuro, sul quale il PNRR investe 3,6 miliardi di euro: come sindaco, mi piacerebbe che Torino fosse all’avanguardia su questo fronte. È sicuramente una strada da percorrere, soprattutto per i settori cosiddetti “hard-to-abate”.
 

Il 17 e 18 ottobre vedremo se Lo Russo confermerà il risultato del primo turno, o sconterà il ribaltone che aveva già colpito il centrosinistra in città nel 2016, con la vittoria di Appendino ai danni di Fassino. Oltre a riportare ai seggi i propri elettori, determinanti saranno i voti dei grillini: premieranno il centrosinistra secondo il modello Napoli-Bologna? O diserteranno le urne aggiungendosi ad una generalizzata indifferenza per la contesa elettorale comunale? Anche da queste risposte passa il responso finale.

Photo Credits: Torinoggi.it