Politica

Esteri, Frigeri: “Strategia Italia punta a superare dicotomia Europa, Mediterraneo, Paesi Arabi”

22
Dicembre 2020
Di Redazione

Non si ferma l'instabilità del Mediterraneo dal punto di vista geopolitico. L'area è da mesi al centro delle tensioni tra Grecia e Turchia per la delimitazione dei confini marittimi, sulle quali è intervenuta anche l'Unione europea. 

Ma il Mediterraneo non è solo confini marittimi. Permane la questione Cipro, che coinvolge attori internazionali in una sorta di continuo effetto domino. Si tratta di Egitto, Russia, Francia, Israele, Stati Uniti ed Emirati Arabi, coinvolti in diversi conflitti quali le tensioni del Golfo e libiche, le tensioni interne al mondo islamico (tra Sciiti e Sunniti) o il Nagorno-Karabakh.

Un quadro che desta preoccupazione. Che ruolo può avere l'Italia nello scenario Mediterraneo? Secondo Daniele Frigeri, Direttore del CeSPI – Centro studi per la politica internazionale – il nostro Paese deve essere promotore di una “strategia innovativa” che oltrepassi la dicotomia tra Europa, Mediterraneo e Paesi dell’area Subsahariana. Mettendo in atto un approccio che includa una duplice direttrice: verticale, di inclusività tra Europa e Africa, orizzontale, in ottica di integrazione all’interno del continente africano.

Stando alle parole di Frigeri, audito in Commissioni Esteri della Camera, la Turchia è un protagonista importante sia per le tensioni interne, ossia un’alleanza tra i due partiti (AKP e MHP) che scricchiola, ed un calo del consenso di Erdogan causato delle divisioni interne, che per quelle esterne. Un Paese che inizialmente è riuscito a gestire la pandemia, ma di fronte alla seconda ondata, con la diffusione di una scorretta informazione ed il sistema sanitario al collasso, si nota la perdita di fiducia nel Governo. Senza contare i problemi legati alla libertà di espressione, alla persecuzione degli oppositori, alla gestione della giustizia comprese le detenzioni illegittime, alla fragilità economica con una moneta debole, ai licenziamenti di vertici guidati dal Governo; tutto questo porta ad una polarizzazione tra i pro e contro Erdogan con una forte disillusione dei giovani, sui quali si giocano le prossime elezioni del 2023.

L’Europa è il primo partner commerciale della Turchia, con un podio capitanato dalla Germania e l’Italia al secondo posto. Il rapporto con il nostro Paese è basato su oltre 560 imprese italiane che operano su suolo turco, su importanti contatti diplomatici e politici, e sul Joint Economic and Trade Commission (Jetco) avvenuto il 10 dicembre, uno dei progetti con cui si punta a portare lo scambio commerciale a 30 miliardi di Euro. “A quanto pare c’è un apprezzamento per i rapporti commerciali tra Italia e Turchia, però le chiedo tutto ciò vale il nostro silenzio sulle altre questioni che la riguardano?” questo l’appunto dell’Onorevole Formentini (LN), “è chiaro che i rapporti commerciali non possono trascurare gli accordi internazionali, il tema dei diritti umani, il rispetto delle minoranze” rassicura Frigeri, ma i rapporti economici possono essere una chiave di ingresso. “Non è dimenticare qualcosa al prezzo dell’interesse economico” ma usarlo a proprio vantaggio per poter avere un dialogo con il Paese.

Un Paese che gioca su molti fronti: nella situazione libica ha un ruolo di pacificatore, anche se nel cantone di Idlib la presenza militare turca provoca tensioni non indifferenti, nel Caucaso a sostegno dell’Azerbaijan con rischi di spillover nei rapporti con Armenia e Iran, nella questione cipriota e, nel frattempo, mantiene uno sguardo fisso verso i confini transatlantici in attesa di capire quale sarà la posizione della nuova amministrazione Biden. Questo fa capire che la Turchia ha sì una posizione strategica, ma anche molta consapevolezza di tutti i ruoli che ne conseguono.

Gli altri nodi legati al Mediterraneo sono la questione israelo-palestinese e l’acqua come risorsa nell’area.

Il primo si basa sull’accordo stipulato con Trump tra Israele – Emirati Arabi – Bahrein fondato sulle relazioni economiche, soprattutto in campo militare avanzato. Ma la novità è che molti Stati arabi vedono questo accordo come un isolamento per la Palestina e questo entra in contrasto con l’iniziativa avviata e sostenuta dall’Arabia Saudita, secondo la quale gli accordi di pace tra arabi e israeliani sarebbero stati possibili solo con un patto, sulla base dei confini, tra Israele e Palestina.

In merito, sempre l’Onorevole Formentini, chiede quali siano i margini di dialogo da parte della leadership palestinese. Per far sì che questo avvenga serve uno switch dell’atteggiamento palestinese, che verte verso un sentirsi isolati sul profilo internazionale. Frigeri spiega: “In questo modo sono possibili spazi di dialogo, perché è nell’interesse dei Paesi limitrofi, ma passa su binario laterale; stesso vale per l’Etiopia, bisogna cercare una soluzione sia nel contesto regionale che in quello del continente in cui l’Europa può giocare un ruolo determinante con la costruzione di un partenariato strategico.”

Mentre la seconda questione orbita intorno alla costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam. Un progetto che vede l’Italia coinvolta e che sta creando tensioni nell’area; gli effetti causati dal riempimento della diga preoccupano l’Egitto con il rischio concreto di un impatto negativo sull’approvvigionamento dell’acqua. La situazione è in stallo e, secondo Frigeri, “Europa e Italia dovrebbero attivarsi per riaprire i negoziati”.

E’ chiaro che ci sono preesistenti ragioni di nervosismo, squilibrio, disuguaglianze, che combinano la dimensione economica, spaziale e di genere dell’area che l’emergenza sanitaria aggrava. La pandemia è semplicemente un evidenziatore di tensioni latenti.

Ma quindi qual è il ruolo dell’Italia? Questa la domanda posta dall’Onorevole Quartapelle (PD). Ha risposto il Direttore scientifico del Cespi, Marco Zupi: “C’è la necessità di più coraggio, per fare un passo avanti con maggiore ambizione, bisogna agire sulle dimensioni emergenziali e strutturali”.

 

 

Nicolò Marcon

 

 

Photo Credits: HolistiCyber