Innovazione

Digital Markets Act, Caroppo: «Regolamentare per creare innovazione»

23
Giugno 2022
Di Alessandro Caruso

«Disciplinare il mercato significa proteggere e stimolare l’innovazione», l’europarlamentare Andrea Caroppo è stato uno dei membri della delegazione Ue che qualche settimana fa si è recata in visita nella Silicon Valley USA per incontrare le big tech. L’obiettivo era continuare il dialogo e il confronto sulle normative in ambito digitale. L’Europa ha legiferato in materia con il Digital Market Act e il Digital Service Act, che hanno confermato un approccio regolatorio piuttosto rigido, soprattutto con riferimento alla protezione dei dati. Ma questo sistema non rischia di ostacolare l’innovazione e la competitività? Al The Watcher Post Caroppo assicura: «Solo un mercato equo riesce a incubare, proteggere e far crescere esperienze fortemente innovative».

Come è nata l’idea di questo confronto con le big tech in USA? È stato utile approfondire i paradigmi dell’approccio legislativo US rispetto a quanto recentemente approvato in UE? 
«L’idea di una missione della Commissione (Mercato Interno) del Parlamento Europeo nella Silicon Valley è nata dopo l’approvazione del DMA e del DSA. Per quanto durante il percorso che ha condotto alla loro approvazione il dialogo con le realtà high-tech dei paesi non UE e segnatamente americani sia stato sempre attivo, volevamo ulteriormente confrontarci e spiegare la filosofia degli strumenti approvati, la loro prospettiva di fondo ancor prima delle norme di dettaglio. Il fatto, cioè, che “regolare” non significa “punire”. Noi, dunque, abbiamo presentato il nostro modello regolatorio. Se devo fare una previsione sarà, al contrario, quanto recentemente approvato in UE a incidere sull’approccio minimalista statunitense: vedrete che come già accaduto per la disciplina della privacy, sarà l’UE a spingere gli Stati Uniti a modificare il loro quando normativo». 

Il DMA e il DSA hanno davanti una sfida importante: regolamentare a livello europeo un mercato in continua evoluzione. Quali sono gli elementi del nuovo quadro normativo che permetteranno di conciliare l’esigenza regolatoria con la tutela dell’innovazione e quindi della competitività delle aziende? 
«Conosciamo l’esistenza di un diffuso timore secondo il quale porre delle regole potrebbe rappresentare un freno alla innovazione e alla competitività, ma in realtà le cose stanno esattamente al contrario. Nei decenni scorsi abbiamo assistito alla crescita di piccolissime imprese, magari nate da intuizioni personali e collocate in un garage di periferia, proprio grazie alla innovazione che immettevano nel sistema. Oggi, purtroppo non è più così: da tempo ormai coloro che sono già giganti “mangiano”, “fagocitano”, anche con le c.d “killer acquisition”, le piccole e piccolissime imprese e la loro preziosissima spinta innovativa. Disciplinare il mercato, allora, va nella direzione opposta a quella del freno a innovazione e competitività: disciplinare il mercato significa proteggere e stimolare l’innovazione. Solo un mercato equo riesce a incubare, proteggere e far crescere esperienze fortemente innovative». 

Uno dei presupposti dell’innovazione oggi è lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, fondamentale in molti processi della vita collettiva, dalla sanità alla sicurezza. In Parlamento la proposta della Commissione è attualmente in discussione. Oltre alle discussioni su DSA e DMA, l’incontro con le big tech in USA è stato utile per stimolare soluzioni normative in grado di regolamentare la IA senza comprometterne lo sviluppo? 
«Certamente si è discusso anche di intelligenza artificiale. In ogni incontro abbiamo esposto il lavoro della Commissione Mercato Interno sul punto in vista dell’adozione del regolamento UE e ci siamo confrontati. Un confronto che è stato utilissimo, al punto che, poiché il viaggio coincideva con la scadenza del termine per gli emendamenti, ha fornito a me ed ai colleghi tanti spunti per correzioni e ulteriori interessanti proposte di modifica. Peraltro, in occasione di alcuni incontri, diversi player hanno avuto un approccio minimalista alla questione, teso quasi a minimizzare la rilevanza e la portata dell’intelligenza artificiale, quando invece si tratta di qualcosa di epocale che, proprio per questo, necessita anch’essa di un approccio regolativo». 

Come definirebbe l’orientamento normativo UE su IA? Tra il modello USA e quello cinese, si potrebbe parlare di una terza alternativa UE? E cosa ritiene che la possa caratterizzare? 
«Mi permetta di dire che la storia racconta che la UE è campione di regolamentazione su tutto: la nostra non è una “terza via”, è la via europea, è la nostra via. Attraverso lo studio e l’approfondimento, come abbiamo fatto per DMA e DSA, troveremo anche in questo caso un punto di equilibrio tra la deregulation americana e l’invasività totale cinese, due modelli contrapposti che non ci appartengono e ciascuno dei quali riteniamo pericoloso. Dobbiamo garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona. Inoltre, il nostro strumento normativo dovrà essere a prova di futuro. I confini dell’intelligenza artificiale sono ancora indecifrabili e non conosciamo esattamente quale portata pratica potrà avere di qui in avanti. Quindi occorrono previsioni specifiche, che non siano limitanti ma al tempo stesso possano sempre essere applicate. Sarà un lavoro faticoso ma ce la stiamo già mettendo tutta. In ogni caso l’end point di ogni scelta del Parlamento Europeo non può che essere la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle sue libertà fondamentali: nulla dovrà mai prendere il posto del sacrario della coscienza della persona umana che agisce. Dunque va da sé che alcuni campi di azione dell’Intelligenza artificiale dovranno essere puntualmente regolamentati e, se necessario, preclusi». 

A proposito di sviluppo tecnologico e regolamentazione, il metaverso potrebbe essere visto come un’opportunità per dimostrare un approccio legislativo UE innovativo e di ispirazione per il resto del mondo? 
«Al di là degli annunci, c’è ancora molto poco di certo sul punto. Forse è anche prematuro parlarne. Direi di andare molto cauti. Piuttosto va invece regolamentato tutto ciò che attiene alla realtà virtuale e alla realtà aumentata che trattano e gestiscono dati personali, anche sensibili e biometrici». 

Tra i grandi temi nel settore digitale c’è la questione data transfer USA-EU. Il confronto in USA è stato utile anche su questo fronte? In generale qual è la sua opinione politica in merito? Quanto è importante allineare la normativa EU con quella USA per la gestione di questo delicato processo? 
«È sicuramente vantaggioso per entrambe le economie essere in grado di trasferire dati tra i due continenti. Ma ciò può avvenire solo se sarà assicurato il rispetto del GDPR e delle recenti sentenze della Corte di giustizia europea. Ovvero, e torniamo sempre al punto, i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. Spero che l’amministrazione Biden e la Commissione Europea possano presto raggiungere un nuovo accordo che garantisca proprio questo: un quadro conforme negli Stati Uniti a vantaggio di tutti i consumatori, americani ed europei. Nessuno, men che mai in UE, vuole vivere in un romanzo di Orwell».

Articoli Correlati