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Un’Italia che provò a diventare moderna

29
Marzo 2024
Di Piero Tatafiore

C’è una scena della serie tv 1994 che spiega, meglio di tanti libri o articoli, il successo di Silvio Berlusconi in politica. Da Enrico Mentana su Canale 5 nella trasmissione Braccio di Ferro, i leader dei due principali schieramenti politici, Silvio Berlusconi e Achille Occhetto, si confrontano in occasione delle elezioni politiche del 1994.

La serie voluta e intrepretata da Stefano Accorsi testimonia bene cosa accadde in quel confronto, dietro le quinte. Soprattutto in tema di proposizione al pubblico.

Da un lato un sorridente Silvio Berlusconi con il sorriso più smagliante che mai e con il sole in tasca, dall’altra un grigio Achille Occhetto, anzi, marrone come la sua giacca. Da un lato l’impeccabile doppio petto di Caraceni con cravatta puntaspilli blu Marinella di Berlusconi, dall’altra una cravatta dal colore indefinibile (peggiorato dalla scarsa fedeltà nei colori delle tv dell’epoca) e un vestito stazzonato di Occhetto, quasi sovietico nella sua austera sobrietà.

C’è chi dice che quell’immagine costò la vittoria all’allora Partito Democratico della Sinistra, con Occhetto che poi confessò di non aver pensato a come si sarebbe dovuto vestire per il confronto e che quel completo venne acquistato in emergenza.

Il confronto si tenne il 22 marzo 1994. Cinque giorni prima delle elezioni che il 27 marzo di 30 anni fa avrebbero consacrato la folle (nel senso più erasmiano del termine) idea di un imprenditore che in pochi mesi decise di fondare un partito e vincere le prime elezioni della II Repubblica, come vennero allora definite mutuando il termine dalla politica francese.

Furono elezioni storiche anche per la vittoria di questo parvenu della politica che sbaragliò i politici tradizionali, ma non solo. Furono le prime elezioni col sistema maggioritario, le prime post Tangentopoli, le prime seguenti al sistema elettorale locale che prevedeva l’elezione diretta di sindaci e presidenti di provincia.

Elezioni di rottura. Berlusconi, contro ogni pronostico, vinse, sconfiggendo anche Mariotto Segni, colui che, come si disse, smarrì il biglietto della lotteria dopo averla vinta. Sembrava davvero un alieno allora, Berlusconi. Con i sondaggi, col marketing applicato alla politica, con l’attenzione alla forma, con l’uso intensivo dei sondaggi.

Vinse con una serie di immagini rimaste nella storia di tutti noi: dal confronto con Occhetto al discorso della discesa in campo, dalla libreria con le foto, al kit del candidato per coloro che si affacciavano per la prima volta a una campagna elettorale.

Nomi come Via dell’Anima, sede della prima residenza romana del Cavaliere, o via dell’Umiltà, sede del neonato partito Forza Italia divennero familiari a tutti gli italiani. Durò poco, il governo Berlusconi. Le alleanze al nord con la Lega di Umberto Bossi e al sud con i postmissini di Gianfranco Fini gli consentirono la vittoria, ma dopo pochi mesi Bossi si staccò dalla maggioranza e l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro nominò Lamberto Dini Presidente del Consiglio.

L’inesperienza politica e la scarsa dimestichezza con le manovre di palazzo furono determinanti e negli anni successivi Berlusconi imparò a districarsi anche nelle stanze istituzionali, arrivando a formare altri 3 governi e risultando protagonista della scena politica fino allo scorso giugno. Ma tutto partì dal quel 27 marzo in cui l’Italia provò a diventare moderna e radiosa senza riuscirci completamente.